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La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è la principale società calcistica della città di Napoli, nata dalla fusione di tre antiche squadre di Napoli: Naples, Internazionale Napoli e la Pro Napoli. Attualmente, è la quarta[1] squadra italiana per numero di tifosi. È inoltre la squadra dell'Italia meridionale più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché quella più presente nei campionati di Serie A. E' al 47° posto nel Ranking mondiale IFFHS. Storia [modifica]
Dal Naples al Napoli [modifica]
Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904 quando, ad opera dell'inglese James Poths, impiegato in un'agenzia marittima della città, e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra, venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima squadra calcistica cittadina che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club.[2] La prima partita venne giocata contro i marinai-giocatori della nave Arabik che pochi giorni prima avevano battuto a Genova la blasonata squadra del Genoa per 3-0: il Naples si impose per 3-2 con le reti di MacPherson, Scafoglio e Chaudoir. Fino al 1912 il Naples non partecipò al Campionato nazionale al quale erano iscritte solo squadre del Nord Italia. Nei primi anni vinse comunque alcune competizioni minori fra le quali la Coppa Lipton, conquistata battendo il Palermo per 2-1[3], la Coppa Salsi, conquistata sconfiggendo altre squadre campane[4], e la Coppa Noli da Costa.[5] Nel 1911 la componente napoletana si distaccò da quella inglese dando vita all'Unione Sportiva Internazionale Napoli.[6] L'anno successivo la F.I.G.C. decise di ammettere al campionato di Prima Categoria (allora la massima serie) le squadre del centro-sud. Le due squadre partenopee si affrontarono in uno scontro fratricida nella semifinale centro-sud; fu il Naples a uscirne vincitore grazie a due vittorie per 2-1 e 3-2 ma perse la finale centro-sud contro la Lazio. Nel 1919, finita la guerra, il campionato riprese; rispetto all'ultimo torneo disputato, il numero delle squadre partecipanti aumentò a dismisura soprattutto nel Nord, anche il numero di squadre campane partecipanti al campionato aumentò notevolmente; dalle due sole iscritte nel 1914-15 (il Naples e l'Internazionale), nel 1919 le squadre campane partecipanti furono molte di più (Puteolana, Savoia, Bagnolese ecc.). Negli anni dal 1919 al 1922 il Naples e l'Internazionale non brillarono particolarmente raggiungendo al massimo le semifinali interregionali.[7] Nel 1922 le due compagini attuarono una nuova fusione, resa necessaria da esigenze di carattere finanziario e diedero così vita al Foot-Ball Club Internazionale-Naples, meglio noto come FBC Internaples[8]. Nella stagione 1925/26 l'Internaples disputò un ottimo campionato: dopo aver vinto il girone campano e il girone A delle semifinali Lega Sud arrivò alla finale della Lega Sud, ma fu travolta dall'Alba Trastevere per 6-1 e 1-1.[9] Il 1° agosto 1926 l'assemblea dei soci dell'Internaples decise di cambiare il nome della società costituendo l'Associazione Calcio Napoli. Giorgio Ascarelli ottenne la nomina di primo presidente della storia del club.[10] I primi anni: Ascarelli, Vojak e Sallustro [modifica]Gli anni '20 [modifica]Prima del 1926 le imprese più importanti del calcio campano erano legate al Savoia di Torre Annunziata che aveva addirittura sfiorato il titolo nazionale fermandosi solo nella finale disputata nel 1924 contro il Genoa. Giorgio Ascarelli, giovane industriale napoletano e presidente dell'Internaples, si era reso conto che ormai il football stava diventando un fenomeno che avrebbe appassionato le folle come null'altro fino ad allora ed il 1° agosto del 1926 fondò la nuova squadra di Napoli con il nome di Associazione Calcio Napoli. I progetti furono subito ambiziosi, si partì da mister Garbutt, classico allenatore inglese che aveva vinto due scudetti con il Genoa nel 1923 e nel 1924 e - soprattutto da Attila Sallustro soprannominato "il Veltro". Sallustro proveniva da un'agiata famiglia e suo padre - quando seppe che avrebbe giocato a calcio in Italia - gli impose l'obbligo di non guadagnare nulla dall'attività sportiva. Fu edificato - finalmente - uno stadio vero, il "Vesuvio", in grado di accogliere le migliaia di sostenitori della squadra che intanto decisero - viste le modeste prestazioni dei ragazzi in maglia azzurra - di togliere dallo stemma della società l'originario cavallo rampante sostituendolo con un modesto somaro: da allora "'o ciucciariello" divenne per Napoli e per il mondo del calcio l'emblema della squadra partenopea. Ascarelli morì in giovane età senza poter raggiungere i traguardi ambiziosi che si era prefissato. Lo stadio gli fu intitolato a furore di popolo ma le leggi razziali gli tolsero anche quella "soddisfazione postuma". L'Italia entrava nel baratro della guerra e ben pochi avevano ancora voglia di pensare al pallone in una città squarciata dai bombardamenti che non risparmiarono neanche lo stadio sotto le cui macerie rimase anche la storia avventurosa di quei primi anni di grande calcio a Napoli. Tornando alle cose prettamente sportive è da ricordare che l'esordio del Napoli nel Campionato italiano fu quanto meno disastroso: un solo punto contro il Brescia in tutta la stagione, ma Ascarelli riuscì a convincere i dirigenti nazionali a non rinunciare al patrimonio che il Napoli e Napoli rappresentavano per il calcio italiano e il Napoli fu ripescato.[11] Gli anni '30 [modifica]Alla vigilia del primo campionato di Serie A a girone unico il Napoli si rinforzò ingaggiando Vojak e il già citato "mister" William Garbutt chiudendo il torneo al quinto posto. Nel 1936 la società fu rilevata da Achille Lauro che, per risanare il bilancio, svendette subito tutti i giocatori più importanti. Sallustro da un paio di campionati segna sempre meno reti, e molti trovano la causa della sua improvvisa scarsa vena realizzativa, nella sua frequentazione con Lucy D'Albert, famosa soubrette dell'epoca, che poi diventerà sua moglie. Al termine del campionato 1936/37 il Napoli cede Sallustro alla Salernitana. Nella stagione 1942/43 il Napoli arrivò terzo in serie B ma questo non bastò per tornare in Serie A. Il dopoguerra: gli anni '40 [modifica]A causa delle difficoltà incontrate durante lo svolgersi degli eventi bellici la società fu costretta a cessare le attività nel 1943. L'anno successivo allo scioglimento, nel 1944, nacquero due distinte società: la Società Sportiva Napoli, promossa dal giornalista Arturo Collana, e la Società Polisportiva Napoli, fondata dal dott. Gigino Scuotto, dalla cui fusione nel gennaio 1945 si costituì l'Associazione Polisportiva Napoli, con presidente Pasquale Russo. La società riprese finalmente la denominazione di A.C. Napoli nel 1947. Nel 1945 con la fine della seconda guerra mondiale riprese il campionato di Serie A che venne suddiviso in due gironi: al primo parteciparono le squadre di Serie A del Nord e nel secondo le squadre di Serie A e B del Centro-Sud. Il Napoli, nonostante fosse una squadra di Serie B riuscì a vincere il proprio girone a pari merito col Bari qualificandosi per il girone finale a otto squadre in cui arrivò quinto alle spalle di Torino, Juventus, Milan e Inter. In quel Napoli militava l'attaccante albanese Riza Lushta che ebbe un periodo di appannamento durante il quale si diffuse in città il detto: "Quanno segna Lushta se ne care 'o stadio" (Quando segnerà Lushta cadrà lo stadio). Si narra che quando Lushta interruppe il suo digiuno una parte di tribuna ebbe un cedimento, per fortuna senza gravi conseguenze. Nella stagione successiva il campionato di Serie A tornò al girone unico, il Napoli venne ripescato insieme al Bari in serie A in quanto le due formazioni, nonostante fossero squadre di Serie B, erano riuscite a qualificarsi al girone finale. Il Napoli tornò così nella massima serie ma al termine del campionato 1947/48 retrocesse ancora in Serie B per un illecito sportivo. Ci vorranno due anni per risalire la china. Gli anni '50 [modifica]In A con Monzeglio, Jeppson e Pesaola [modifica]Nella stagione 1949/50 gli azzurri allenati da Eraldo Monzeglio vinsero il campionato di Serie B venendo promossi in A. Il Napoli in vista della stagione 1950/51 si rinforzò prelevando dalla Roma Amedeo Amadei che militò in maglia azzurra per sei stagioni segnando in tutto quarantasette reti. Nelle due successive stagioni il Napoli arrivò per due volte sesto in classifica. Lauro in vista della stagione 1952/53 acquistò dall'Atalanta il centroavanti svedese Hasse Jeppson. Jeppson si era messo in mostra ai mondiali del 1950 svolti in Brasile, pareva dovesse finire all'Inter, ma per l'allora stratosferica cifra di centocinque milioni di lire fu ingaggiato dal Napoli col quale disputò quattro campionati; I tifosi coniarono per lui il soprannome di "'o Banco 'e Napule". Un altro indimenticabile campione di quei tempi fu il "petisso" Pesaola che anche come allenatore, in tempi successivi, ha lasciato una traccia indelebile nella storia della società. Jeppson divenne velocemente il goleador simbolo della squadra partenopea, e in tre anni il Napoli otterrà un quarto (1952/53), un quinto (1953/54) e un terzo posto (1954/55). 'O Lione [modifica]Nel 1955 arrivò dal Brasile, via Lazio, Luís Vinício ('o Lione) che affiancando Jeppson in attacco diede vita alla coppia "H-V" che fu schierata per la prima volta in campo nella partita contro la Pro Patria vinta per 8-1 dagli azzurri con tripletta di Vinício e doppietta di Jeppson.[15] I due, nonostatante la fama, non diedero al Napoli i frutti sperati, anche perché poche furono le occasioni nelle quali vennero schierati insieme in formazione.[16] Il Napoli in quella stagione deluse arrivando solo quattordicesimo in classifica. La stagione 1956/57 vede la fine definitiva del tandem Jeppson-Vinício. Il primo viene infatti ceduto al Torino. In campionato i miglioramenti rispetto alla stagione precedente fruttano solo un undicesimo posto. Tra le poche "imprese" del Napoli di quegli anni ci sono le due vittorie contro la Juventus nella stagione 1957/58: all' andata a Torino finì 3-1 per il Napoli grazie alle parate fenomenali di Bugatti, sceso in campo con trentotto gradi di febbre.[17] Charles dopo la partita disse "Ci fosse stato un altro portiere al posto di Bugatti, fra i pali della porta del Napoli, avremmo vinto 7-3".[18] Al ritorno, comunque, il Napoli vinse 4-3. In quella stagione gli azzurri arrivarono quarti in campionato dietro a Juventus, Fiorentina e Padova. Il San Paolo non ferma la crisi [modifica]Per la stagione 1958/59 fu ingaggiato per far coppia con Vinício il brasiliano Del Vecchio.[19] Neanche questa coppia, come quella Jeppson-Vinício, funzionò. Del Vecchio marcò tredici gol, Vinício sette: il Napoli arrivò al nono posto. Nella stagione successiva il Napoli lascia l'ormai angusto stadio del Vomero e inaugura il nuovo stadio S. Paolo di Fuorigrotta davanti a ottantamila tifosi. È il 6 dicembre del 1959, la partita oppone gli azzurri alla Juventus e finisce con un incredibile vittoria del Napoli per 2 a 1. Questo è però l’unico avvenimento di notevole importanza in quell’anno, poiché il resto della stagione della compagine partenopea fu poco più che anonimo e il risultato finale fu solo un quattordicesimo posto. A giugno lasciano la squadra Vinício e Pesaola, la crisi non sembra fermarsi. Gli anni '60 [modifica]È di nuovo Serie B [modifica]Nel 1960 quando Vinício sembrava a fine carriera ed ormai in decadenza, il Napoli cedette il brasiliano al Bologna;[20] a smentire quella "decadenza" ci pensò Vinício stesso, vincendo la classifica dei marcatori, ben 6 anni dopo, con la maglia del Vicenza. 1962: La prima Coppa Italia [modifica]Per ritornare in A, Lauro pretese di costruire una formazione in grado di competere con le migliori: "un grande Napoli per una grande Napoli" fu il suo slogan, ma il campo gli diede torto; la squadra non sembrava essere in grado di raggiungere la meta della promozione, e alla fine del girone di andata annaspa negli ultimi posti, rischiando la C, fino a quando fu chiamato ad allenarla Bruno Pesaola, allora allenatore della Scafatese in terza serie, che lasciò subito per tornare da allenatore nella città che l'aveva visto protagonista da calciatore, che da "Mister" rimase famoso anche per il suo immancabile cappotto di cammello e per l’inimitabile sagacia tattica. Con lui in panchina il Napoli risalì la china fino a raggiungere la promozione. La stagione si chiuse trionfalmente con la conquista della Coppa Italia ottenuta battendo in finale la SPAL. Il Napoli passò subito in vantaggio con Gianni Corelli al 12°; la Spal pareggiò al 15° con Micheli ma Pierluigi Ronzon al 79° portò definitivamente in vantaggio gli azzurri regalandogli così il loro primo trofeo. Il Napoli resta l’unica squadra nella storia del calcio italiano ad aver vinto la Coppa Italia militando in serie B. I Presidenti
Canè e l'altalena A-B [modifica]Nel 1962/63 il Napoli della Coppa Italia è confermato quasi in blocco, con il solo innesto di Faustino Jarbas Canè, prelevato dall' Olaria di Rio de Janeiro. In campionato la squadra non ingrana ma in Coppa delle Coppe elimina sia i gallesi del Bangor City che l'Újpesti TE (Ungheria) qualificandosi così ai quarti di finale. Intanto, dopo la gara di San Siro contro il Milan, ben quattro azzurri (Pontel, Molino, Rivellino e Tomeazzi) furono squalificati per un mese causa doping. In Coppa alla bella contro l'OFK Belgrado debutta Antonio Juliano, giovanissimo centrocampista che per i successivi diciotto anni sarà l’indiscussa bandiera del Napoli, ma nulla eviterà il 3-1 e l'eliminazione. In campionato le cose non vanno meglio: al temine della partita persa 0-2 contro il Modena sugli spalti del San Paolo si scatena la rabbia dei sostenitori azzurri, adirati per una nuova retrocessione. Nella stagione successiva il Napoli, sotto la guida di Roberto Lerici, non ottenne grandi successi. A nulla servì la sostituzione del tecnico con il suo secondo Molino: alla fine fu solo ottavo posto. Il 1964 va invece ricordato per la trasformazione dell’A.C. Napoli in Società Sportiva Calcio Napoli, tuttora titolo sportivo ufficiale della squadra partenopea. Per il campionato 1964/65 tornò in panchina Pesaola, il tecnico della Coppa Italia. La stagione è quantomeno strana: in casa il Napoli non rende, mentre in trasferta dilaga, Canè si trasforma in goleador e gli azzurri tornano in A. Gli oriundi: Sivori ed Altafini [modifica]Per lo spregiudicato armatore Achille Lauro il Napoli era un fiore all’occhiello da mostrare con orgoglio, specie in periodo elettorale; per costruire una buona squadra in vista del campionato di A 1965/66 prelevò Omar Sivori della Juventus e José Altafini dal Milan; al loro fianco cominciò a mettersi in evidenza Juliano, che aveva debuttato quando la squadra era ancora in Serie B. I risultati sono lusinghieri: in campionato il Napoli arriva terzo, con Altafini capocannoniere della squadra con quattordici gol, mentre in estate la squadra si aggiudica la Coppa delle Alpi. Nel 1966/67 il Napoli ripeté gli ottimi risultati dell'anno passato, arrivando quarto con Altafini di nuovo mattatore, questa volta con sedici reti. Nello stesso anno la squadra partenopea partecipò alla sua prima Coppa delle Fiere: venne eliminato agli ottavi di finale dal Burnley FC. Alla vigilia del campionato 1967/68 arrivò dal Mantova il portiere Dino Zoff, subito soprannominato l'angelo azzurro. Nonostante la società attraversasse un periodo di crisi economica, in campionato i partenopei arrivarono vicinissimi allo scudetto. La corsa terminò con la sfida decisiva contro il Milan al San Siro, tra le polemiche. L'impegno dei giocatori azzurri fruttò solo un amaro secondo posto con nove punti di distacco dal Milan: il titolo di Campioni d’Italia restò, ancora una volta, solo un sogno nel cassetto. La presidenza Ferlaino [modifica]A conti fatti, ad eccezione della Coppa Italia del 1962 e la Coppa delle Alpi del 1966, gli anni della presidenza di Lauro avevano regalato ai tifosi più illusioni e delusioni che risultati degni di nota. Il periodo di potere della famiglia Lauro era ormai al termine, nel 1969, con grande abilità e poca spesa Corrado Ferlaino assunse la presidenza della società ridotta però sull’orlo del dissesto finanziario. Nei suoi primi anni di dirigenza, pur dimostrando carattere e testardaggine fuori dal comune, Ferlaino non poté garantire al Napoli la possibilità di lottare per grandi traguardi badando nei primi anni di presidenza in fase di calciomercato alla cessione di pezzi pregiati come Zoff, Altafini e Claudio Sala (ceduto senza aver potuto dimostrare pienamente il proprio valore, ad appena un anno dal suo acquisto), e all'acquisto di giocatori di prima scelta ma sul viale del tramonto come Nielsen, Hamrin, Sormani e Clerici. Il pubblico comunque ripagava la società garantendole incassi impensabili anche per le squadre più titolate e questo fattore fu determinante per invertire la rotta. Gli anni '70 [modifica]I primi anni settanta [modifica]Nel 1970/71 arrivò a Napoli il brasiliano Angelo Benedicto Sormani soprannominato il Pelé bianco. Sulla panchina della compagine partenopea rimase Beppe Chiappella, arrivato due anni prima. Sormani formò con Altafini un attacco solidissimo ed il Napoli giunse a giocarsi lo scudetto con Inter e Milan, ma a fine campionato il bottino fu solo un terzo posto avvelenato da roventi polemiche. La stagione successiva vede una piccola crisi del Napoli, dovuta ad alcuni problemi societari. La compagine partenopea arriverà soltanto all'ottavo posto. Ferlaino decide quindi di svecchiare la squadra (pensando comunque anche al bilancio). La cessione di giocatori del calibro di Zoff ed Altafini alla Juventus fu accolta malamente dai tifosi e ben pochi videro di buon occhio il nuovo assetto della squadra. L'acquisto che rivoluziona positivamente l'ambiente azzurro, è però legato al leone Luís Vinício, che ritorna a Napoli in veste di allenatore. Vinício e il calcio totale [modifica]All'arrivo del nuovo tecnico la società cominciò ad investire acquistando giocatori di ottimo livello (come gli attaccanti Sergio Clerici e Giorgio Braglia), mantenendo campioni come Juliano e valorizzando poi alcuni giovani talenti (Bruscolotti, Vavassori, La Palma, Salvatore Esposito ed altri). Vinício, primo in Italia, volle sperimentare una squadra in grado di giocare il calcio totale proposto dagli olandesi ai Mondiali del 1974. La squadra fu rivoluzionata ed i risultati non si fecero attendere: la stagione si chiuse con un buon terzo posto alle spalle della Lazio di Chinaglia e della Juventus. Nel 1975 il Napoli sempre guidato da Vinício arriva ad un passo dallo scudetto: infatti appena due punti, alla fine, lo separano dalla Juventus. Decisiva risulta la sfida di Torino che la Juve vince grazie 2-1 ad un gol in zona Cesarini dell’ex Altafini, da allora soprannominato Core ‘ngrato. Con "Mister due miliardi" è di nuovo Coppa Italia [modifica]Il colpo di mercato che ingigantì le speranze di gloria dei tifosi azzurri arrivò nell'estate del 1975 quando per l’allora stratosferica cifra di due miliardi di lire fu ingaggiato dal Bologna il centravanti Beppe Savoldi detto BeppeGoal o anche mister due miliardi. La squadra, reduce dall'amaro secondo posto, non fece meglio nella stagione successiva, arrivando solo al quinto posto. Però riuscì a conquistare la sua seconda Coppa Italia battendo in finale per 4 a 0 l’Hellas Verona nella finale dell'Olimpico; poi, battendo il Southampton, il Napoli si aggiudicò anche la Coppa di Lega Italo-Inglese. Nella stagione successiva l'obiettivo del raggiungimento della finale di Coppa delle Coppe (allenatore Pesaola) fallì dopo un’immeritata sconfitta per 2-0 nella semifinale di ritorno contro l'Anderlecht in una gara pilotata letteralmente a senso unico dall'arbitro Matthewson (che successivamente si scoprì essere dipendente dell'azienda di proprietà del presidente della squadra belga). La gara d’andata era finita 1-0 per il Napoli grazie a una rete di Bruscolotti. Dopo un doppio sesto posto nelle stagioni 1977/78 e 1978/79, Savoldi lascia il Napoli che precipita all'undicesimo posto nel 1980; la sostituzione del ritrovato Vinício con Sormani non riesce a fermare la crisi. Gli anni settanta si chiusero così senza sussulti né grandi soddisfazioni. La parola "Scudetto" continuava ad essere solo una chimera per i sostenitori azzurri ma il decennio successivo li avrebbe appagati con trionfi tutt'ora irripetuti. Gli anni '80 [modifica]All’inizio degli anni ottanta, con la riapertura delle frontiere ai giocatori stranieri, giunsero in Italia fior di campioni (ed anche qualche "bidone"). Il Napoli, tradizionalmente, aveva avuto nelle sue file ottimi giocatori non italiani (Sallustro, Sivori, Jeppson, Hamrin, Cané, Clerici); per mantenere viva la tradizione fu ingaggiato dal Vancouver Ruud Krol. Già campione d’Europa con l’Ajax e pilastro difensivo della grande Olanda dei primi anni settanta, Krol era un libero sopraffino capace di aprire il gioco con lanci lunghissimi e di estrema precisione. La sua classe era degna dei migliori calciatori che avessero calcato l'erba dello stadio San Paolo. L’entusiasmo attorno alla squadra portò nuovamente i tifosi a sognare la "grande impresa". Nella stagione 1980/81, in un'annata resa drammatica dal sisma che il 23 novembre 1980 scosse la città, la squadra sfiorò il titolo conquistando il terzo posto finale. Dopo la vittoria sul Torino al Comunale, a cinque giornate dal termine, il Napoli si portò in testa alla classifica insieme alla Juventus e con la prospettiva di usufruire di un calendario favorevole. Incredibilmente, però, il Perugia - ultimo in classifica - nella successiva gara interna passò al San Paolo 0-1 con autogol di Ferrario nei primi minuti. Per tutto il resto della gara, gli azzurri si gettarono generosamente all'attacco, ma pali, traverse e le miracolose parate del portiere Malizia, sbarrarono al Napoli ogni possibilità di giungere quantomeno al pareggio. Nonostante l’arrivo di altri stranieri di valore quali Ramón Díaz prima e José Dirceu poi, i due campionati successivi furono coronati da "batoste" e delusioni e la serie B fu evitata in modo quasi rocambolesco. Il periodo d'oro [modifica]Nella stagione successiva viene ingaggiato Daniel Bertoni, argentino e campione del mondo che prende uno dei due posti riservati agli stranieri e lasciati liberi da Krol e Dirceu. Intanto sta maturando il vero colpo di mercato che verrà definito l'affare del secolo. Il 27 maggio del 1984 la prima pagina della Gazzetta dello Sport mandò in visibilio i supporters azzurri: "Maradona, sì al Napoli". Da quel giorno, i tifosi azzurri attesero con ansia l'ufficializzazione dell'acquisto, che avvenne un mese dopo: Diego Armando Maradona era ufficialmente del Napoli ed il 5 luglio del 1984 fu presentato allo stadio San Paolo, gremito in ogni ordine posti. Quell’entusiamo popolare fu più forte della valanga di polemiche suscitata dalla cifra allora enorme che fu sborsata dal Napoli per avere in squadra il campione argentino, cifra che si aggirava attorno ai tredici miliardi di lire. Nella prima stagione di Maradona, però, il Napoli stentava a decollare: mal supportato da una squadra di mediocre valore, Maradona dimostrò le sue indubbie doti di funambolo ma il suo contributo non poté essere utile per raggiungere grandi traguardi. Dopo un girone di andata mediocre, il Napoli riuscì a raggiungere una tranquilla posizione di centro classifica solo alle ultime giornate di campionato. Era chiaro che da solo Maradona non avrebbe portato il Napoli a grandi risultati e la società dovette subito correre ai ripari. L’anno successivo arrivarono in azzurro rinforzi del calibro di Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella, Alessandro Renica ed altri giocatori che in pochi anni diventarono i beniamini dei tifosi. Ma anche dal vivaio emergevano giovani talenti: uno su tutti fu Ciro Ferrara, che debuttò in prima squadra proprio nel 1985-86. Quella stagione finì col Napoli al terzo posto, ma in continua crescita sotto il profilo del gioco. Il primo scudetto e la terza Coppa Italia [modifica]La stagione del primo scudetto è quella del 1986/87. Sono arrivati nuovi innesti come l'attaccante Andrea Carnevale, mentre Maradona è appena tornato dal trionfale mondiale messicano. Così come per l'Argentina, Maradona sarà il condottiero principe del Napoli, conducendolo alla vittoria del campionato. Il 10 maggio 1987 il San Paolo può finalmente abbracciare i protagonisti dell'impresa tante volte sognata, sfiorata e sfumata. La gara contro la Fiorentina è solo una passerella per gli azzurri, basta un pareggio (e pareggio fu con reti di Carnevale e Roberto Baggio) poi si scatena la festa, la città intera si abbandona all'euforia più sfrenata ma smentisce clamorosamente quanti prevedevano i catastrofici effetti derivanti dalla follia di una massa enorme, incontrollata ed incontrollabile riversata nelle strade della città. Uno striscione esposto in curva B recitava: "La storia ha voluto una data, 10 maggio 1987". La squadra vince anche la sua terza Coppa Italia, conquistata vincendo tutte le gare, comprese le due finali disputate contro l'Atalanta. L'accoppiata scudetto/coppa è un'impresa che fino a quel momento era riuscita solo al Grande Torino ed alla Juventus. La rosa Campione d’Italia comprendeva: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano; Volpecina, Caffarelli, Sola, Muro, Marino, Bigliardi, Di Fusco; Allenatore: Ottavio Bianchi. Il campionato del 1988 inizia sotto i migliori auspici, anche grazie all'innesto del centravanti brasiliano Careca acquistato dal San Paolo: 5 vittorie nelle prime 5 gare danno subito l'impressione che il Napoli cerchi di rifarsi dalla delusione in Coppa dei Campioni vincendo un altro scudetto. Nel corso della stagione il primato azzurro non entra mai in discussione, e sembra ancor più una "passeggiata" rispetto a quello precedente. Al termine del girone d'andata, dove il Napoli è primo con 11 vittorie, 3 pareggi ed 1 sconfitta, il Napoli accelera ancora: altre 7 vittorie consecutive. Poi, improvvisamente, il crollo: nelle ultime 5 giornate, il Napoli conquista un solo punto, perdendo ben 4 gare di fila, tra cui lo scontro diretto con il Milan, che segna il sorpasso rossonero sugli azzurri. Si scatenarono polemiche per diversi mesi, ma subito si giunse all'idea che, sull'improvviso calo del Napoli nelle ultime 5 giornate, ci fosse la mano della Camorra, in quegli anni molto attiva nel settore delle scommesse clandestine. Lo spogliatoio del Napoli, comunque, si spacca, e si passa così dalle critiche alle "epurazioni" più violente: Claudio Garella, Moreno Ferrario, Salvatore Bagni e Bruno Giordano vengono messi alla porta, resteranno gli unici a pagare per lo scudetto "regalato" ai rossoneri di Arrigo Sacchi. MA.GI.CA. [modifica]Il MA.GI.CA. era il tridente di attacco del Napoli alla fine della stagione 1987-1988. Il tridente era composto da Diego Armando Maradona, Antonio Careca, e Bruno Giordano. Tale soprannome nacque dopo la partita Ascoli-Napoli del 31 gennaio 1988, finita 3-1 per i partenopei. In questa gara andarono a segno in sequenza: Maradona (su rigore), Giordano e alla fine Careca. Coppa UEFA e secondo scudetto [modifica]Finita in modo burrascoso la stagione 1987-88, per quella successiva la squadra cambia radicalmente: per sostituire i giocatori allontanati, il Napoli ricorre a diversi acquisti, tra cui quello di Giuliano Giuliani, di Luca Fusi e del forte centrocampista brasiliano Alemão, già compagno di Careca nella Seleção. Entrano a far parte della dirigenza azzurra, Luciano Moggi e Giorgio Perinetti. Il campionato 1988/89 regala belle soddisfazioni al Napoli, come il 5-3 esterno alla Juventus, il 4-1 al Milan ed il clamoroso 8-2 al Pescara. Ma lo scudetto di quell'anno va all'Inter detta "dei record", forse la compagine nerazzurra più forte mai esistita. Che il campionato diventi monopolio dell'Inter lo si capisce subito, e così le altre squadre puntano alle competizioni europee. In Coppa Uefa, gli azzurri partono subito col piede giusto, eliminando i greci del Paok Salonicco (1-0 ed 1-1), i tedeschi del Lokomotive Lipsia (2-0 ed 1-1) ed i francesi del Bordeaux (0-0 e 0-1). Le sfide più interessanti cominciano però dai quarti di finale, con il Napoli che si trova di fronte alla Juventus: dopo lo 0-2 subito nella gara d'andata a Torino, un secco 3-0 al ritorno ribalta il risultato a favore del Napoli, che passa così in semifinale, dove affronta i tedeschi del Bayern Monaco. In uno Stadio San Paolo da tutto esaurito, il Napoli vince per 2-0, con gol di Careca e Carnevale ed ipoteca la finale. Al ritorno, una doppietta di Careca (2-2 il finale) spiana la strada per la finalissima contro un'altra tedesca, lo Stoccarda di Jürgen Klinsmann.
Nella gara d'andata, i tedeschi gelano il San Paolo con la rete di Maurizio Gaudino (per ironia della sorte, un napoletano nato in Germania), ma le reti di Maradona prima e di Careca (allo scadere) poi, fissano il punteggio sul 2-1. Il ritorno a Stoccarda, con oltre 30.000 tifosi azzurri al seguito, è un trionfo: segna Alemão, pareggia Klinsmann, poi Ciro Ferrara e Careca mettono la parola fine alla partita. Il Napoli vince così la Coppa Uefa 1989. La stagione 1989/90 si apre subito con una notizia clamorosa: Ottavio Bianchi va via dalla panchina azzurra, sostituito da Albertino Bigon. Maradona, invece, è in Argentina, e non rientra in tempo utile per giocare le prime partite di campionato; ma sembra che in realtà stesse cominciando ad avere problemi con la società, a cui aveva chiesto di essere ceduto: voci però subito smentite ma mai in modo del tutto convincente. La squadra intanto acquista nuovi giocatori, come Massimo Mauro dalla Juventus, e mette in prima squadra un giovanotto sardo preso dalla Serie C1: Gianfranco Zola. In campionato, il Napoli parte subito col piede giusto: 16 risultati utili consecutivi nelle prime 16 gare. La sconfitta arriva solo all'ultima d'andata, ma non preoccupa nessuno. Un piccolo calo di rendimento avvicina l'Inter ed il Milan, ma la squadra gestisce bene il vantaggio di due punti, fino allo scontro diretto: a San Siro i rossoneri vincono 3-0 ed il Napoli viene raggiunto in testa. Due settimane dopo, gli azzurri perdono di nuovo a San Siro, stavolta contro l'Inter (3-1), e si ritrovano due punti sotto. Molti cominciano a temere il ritorno degli "spettri" del 1988, e diversi giornali parlano già di scudetto al Milan; il Napoli invece non demorde, e recupera prima un punto (Milan sconfitto a Torino dalla Juventus ed azzurri che pareggiano a Lecce), poi però si fanno battere dalla Sampdoria (2-1 al 90°) mentre il Milan perde il derby contro l'Inter. Quando i giochi, a poche giornate dalla fine, sembrano ormai fatti, avviene il famoso caso della monetina di Bergamo: sul punteggio di 0-0 tra Atalanta e Napoli, una monetina lanciata dai tifosi nerazzurri colpisce alla testa Alemão, costringendolo ad abbandonare il campo. Il giudice sportivo assegnerà il 2-0 a tavolino al Napoli, mentre il Milan viene bloccato sullo 0-0 dal Bologna, e viene raggiunto così dal Napoli a tre giornate dalla fine. Alla penultima, il definitivo sorpasso: rossoneri sconfitti a Verona per 2-1 e Napoli vittorioso 4-2 sul campo a Bologna, permettendosi così di farsi bastare il pareggio all'ultima giornata, contro la Lazio: tuttavia un gol di Marco Baroni dopo appena sette minuti chiude in fretta la partita e regala al Napoli il secondo scudetto. Non mancarono le polemiche, soprattutto da parte milanista, sia per la decisione di assegnare la vittoria a tavolino al Napoli sull' Atalanta, sia per l' arbitraggio di Rosario Lo Bello che determinerà la sconfitta del Milan a Verona. In tal proposito, l' 11 settembre del 2003, l' allora presidente napoletano, Corrado Ferlaino, rilasciò la seguenti dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport: "Allacciai buoni rapporti con il designatore Cesare Gussoni. Alemao fu colpito, forse ingigantimmo l'episodio, ma la partita comunque era già vinta a tavolino. Facemmo un pò di scena. L'idea fu del massaggiatore Carmando. Alemao all'inizio non capì, lo portammo di corsa all'ospedale, gli feci visita e quando uscii dichiarai addolorato ai giornalisti: 'Non mi ha riconosciuto'. Subito dopo scoppiai a ridere da solo, perché Alemao era bello e vigile nel suo lettino". Il campionato si decise il 22 aprile: il Milan giocava a Verona, Gussoni designò Lo Bello per quella partita; successe di tutto, espulsioni, milanisti arrabbiati che scaraventarono le magliette a terra: persero 2-1. Noi vincemmo serenamente a Bologna per 4-2 e mettemmo in tasca tre quarti di scudetto". La Supercoppa e gli ultimi trionfi [modifica]Nella stagione 1990/91, la rosa del Napoli è di poco diversa da quella laureatasi campione d'Italia. La stagione comincia con la vittoria nella Supercoppa Italiana ottenuta battendo la Juventus allenata da Maifredi per 5-1. Il campionato, invece, comincia male: nelle prime tre partite la squadra ottiene solo un punto. L'inizio in Coppa dei Campioni sembra favorevole al Napoli, che ottiene una convincente doppia vittoria sugli ungheresi dello Újpesti Dózsa, squadra che aveva già incontrato nella Coppa delle Coppe del '63, quando si chiamava Újpesti TE. Al secondo turno però gli azzurri vengono eliminati dallo Spartak Mosca, implacabile ai rigori, dopo un doppio 0-0. La crisi continua per tutto l'anno, e il Napoli chiude la stagione con un modesto settimo posto. Si chiude così il primo importante ciclo del Napoli in coincidenza con il declino di Maradona a seguito delle vicende personali che lo costrinsero a lasciare Napoli e l'Italia in modo amaro. Dal 1991, dopo che Maradona lasciò Napoli, la squadra si avviò verso un lento ma costante declino. Gli anni della crisi [modifica]Inizialmente, con il nuovo tecnico Claudio Ranieri e grazie all'apporto di giocatori del calibro di Zola, Ferrara, Careca e il nuovo arrivato Laurent Blanc, ottiene un discreto quarto posto nella stagione 1991/92. Ranieri viene confermato, e il Napoli sembra aver riacquistato la sua competività. La campagna acquisti porta in azzurro giocatori come Daniel Fonseca e Roberto Policano. In Coppa Uefa si comincia piuttosto bene, con un 5-1 esterno contro il Valencia con Fonseca autore di tutti e cinque gol del Napoli. Il Paris Saint Germain ferma però i partenopei al turno successivo; è George Weah, con una doppietta, a condannare il Napoli all'eliminazione. In campionato la squadra va in crisi e dopo un 1-5 contro il Milan, Ranieri viene licenziato. Al suo posto ritorna Ottavio Bianchi, che non può far altro che portare la squadra verso la salvezza senza grandi risultati. La squadra viene quindi svecchiata e subisce molti cambiamenti: Bianchi diventa General Manager e sceglie come tecnico Marcello Lippi. Pilastri della squadra come Careca e Gianfranco Zola lasciano la squadra mentre molti giovani promettenti, come Fabio Cannavaro e Fabio Pecchia, diventano protagonisti. Dopo un primo periodo di crisi, Lippi decide di puntare tutto sulle forze fresche e la stagione 1993/94 finisce con un buon sesto posto e la soddisfazione di aver sconfitto il Milan, prossimo a laurearsi campione d'Italia e d'Europa, grazie ad una rete di Paolo Di Canio, elemento giunto in prestito dalla Juventus che realizza anche il gol all'ultima giornata che vale la qualificazione alla Coppa UEFA. Lippi a fine stagione lascia il Napoli con destinazione Juventus, e con lui anche Ciro Ferrara, bandiera e capitano del Napoli. Al posto dell'allenatore viareggino arriva Vincenzo Guerini e il Napoli in campo si affida ad André Cruz, Alain Boghossian e all'ex numero dieci del Torino Benny Carbone, arrivato via Roma con Grossi e ben 18 miliardi, nell'affare che porta in terra capitolina Daniel Fonseca. Ma la stagione comincia male: Guerini viene licenziato dopo un 5-1 subito contro la Lazio ed al suo posto arriva Vujadin Boškov. L'eccentrico allenatore slavo porta i partenopei al settimo posto, sfiorando la qualificazione alla Coppa Uefa. Gli Allenatori
La crisi peggiora [modifica]A partire dal 1995 con la cessione di giocatori come Benito Carbone (all'Inter) e di Fabio Cannavaro (al Parma), inizia il declino. La retrocessione è sfiorata e il Napoli si salva solo alla terz'ultima giornata, vincendo contro la Sampdoria 1-0, grazie ad un rigore nei minuti finali di Arturo Di Napoli. Boškov lascia la squadra a fine anno. Nella stagione 1996/97 la formazione azzurra allenata da Gigi Simoni è la vera rivelazione del campionato e alla sosta di Natale è addirittura al secondo posto a pari merito con il Vicenza e dietro alla Juventus; nel girone di ritorno, tuttavia, la squadra crolla (3 vittorie in 17 gare) ed evita la retrocessione per un soffio. Nella stessa stagione il Napoli è autore di un’ottima prestazione nella Coppa Italia. In Serie B dopo 33 anni [modifica]La stagione successiva è disastrosa: nonostante un'intelaiatura costruita per puntare alla qualificazione alla Coppa Uefa (Claudio Bellucci e Igor Protti i fiori all'occhiello della campagna d'acquisti), la crisi degli anni passati arriva a una situazione senza precedenti. Durante l'anno si succedono sulla panchina del Napoli ben quattro allenatori (nell'ordine: Mutti, Mazzone, Galeone, Montefusco) e tre direttori tecnici (nell'ordine: Ottavio Bianchi, Salvatore Bagni, Antonio Juliano), e in campo ben quaranta calciatori (fra cui l'ormai anziano Giuseppe Giannini, Reynald Pedros, Aljoša Asanović, William Prunier, José Luis Calderón, Massimiliano Allegri), ma nessuno di loro eviterà agli azzurri una triste retrocessione: con un bottino di soli quattordici punti, il Napoli retrocede in Serie B dopo trentatre anni di permanenza nella massima serie. Il primo anno in cadetteria è mediocre, la squadra allenata da Renzo Ulivieri annovera nell'organico giocatori "blasonati" ma sul viale del tramonto come Igor Shalimov e Roberto Murgita e non riuscirà mai ad inserirsi in competizione con le altre squadre in lotta per la promozione. A gennaio arriva l'attaccante Stefan Schwoch, ma è ormai troppo tardi e il Napoli resta in Serie B. Il ritorno in A avverrà solo l'anno dopo, grazie all'oculata gestione del nuovo allenatore Novellino e alle ottime prestazioni di Stefan Schwoch, che segna ventidue goal eguagliando così il record di reti siglate in una stagione con la maglia azzurra, detenuto fino a quel momento da Vojak. Quell'anno il Napoli ha nel proprio organico elementi di sicuro avvenire, come Massimo Oddo, Matuzalem, Roberto Stellone e Luciano Galletti. L'ultima retrocessione [modifica]Nonostante i meriti e l'affetto dei tifosi, proprio i due protagonisti del ritorno in A (Novellino e Schwoch), non ottengono la riconferma e nel successivo campionato il Napoli subisce all'ultima giornata un'altra retrocessione nonostante l'avvicendamento in panchina fra Zeman e Mondonico, alcune prestigiose vittorie (6-2 alla Reggina, 2-1 in casa dei campioni d'Italia in carica della Lazio e l'1-0 all'Inter) e la presenza in squadra di calciatori come Edmundo, Amauri (arrivati entrambi nel mercato di gennaio), Matuzalem, Jankulovski, Nicola Amoruso e Bellucci. Nel campionato successivo di serie B arriva come allenatore Luigi De Canio. La squadra sembra molto competitiva ed è fra le favorite per la promozione: lotterà fino all’ultimo per ritornare in Serie A, riuscendo a risalire dai bassifondi della classifica fino ai primi posti, inanellando una serie lunghissima di risultati consecutivi; ma nella partita decisiva, in casa contro la Reggina ottiene solo un pareggio: la stagione finirà col Napoli quinto, e quindi ancora in cadetteria. Nella stagione 2002/03 il Napoli passa dalle mani dell'imprenditore romagnolo Giorgio Corbelli a quelle dell'industriale alberghiero Salvatore Naldi che affida la squadra all'allenatore Franco Colomba ma, senza un organico competitivo si ritrova al penultimo posto ed al tecnico subentra Franco Scoglio, che lascia l'incarico di CT della Libia. La squadra risale ma poi va di nuovo in crisi ed in panchina torna Colomba che riesce nell'intento di salvare la squadra da una clamorosa retrocessione in C1 solo all'ultima giornata con un pareggio a Messina contro i locali. Il fallimento [modifica]
Alla crisi di risultati si è aggiunta una crisi finanziaria che ha portato nell'estate del 2004 al fallimento ed alla conseguente perdita del titolo sportivo. Nelle settimane successive l'imprenditore Aurelio de Laurentiis rileva il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrive la squadra, denominata Napoli Soccer al campionato di Serie C1. I Capitani
La società prende parte al campionato di serie C1 nella stagione 2004-05. In quella stagione la squadra - costretta anche ad una campagna acquisti effettuata in tempi ristretti - termina il girone di andata a due punti dalla zona play-off. Con gli acquisti di calciatori di buon livello come Emanuele Calaiò, Inácio Piá e Marco Capparella ed in seguito all'esonero del tecnico Giampiero Ventura (cui subentra Edoardo Reja), il Napoli arriva terzo alla fine del campionato, ma perde la finale play-off contro l'Avellino, pareggiando 0-0 in casa e perdendo 2-1 ad Avellino. L'intera estate viene vissuta con la speranza, rivelatasi poi vana, di un ripescaggio in cadetteria. Nella stagione 2005-06, il Napoli, grazie anche agli acquisti di Gennaro Iezzo, Rubén Maldonado e Mariano Bogliacino, ha un ottimo avvio sia in campionato che in Coppa Italia, competizione nella quale viene eliminato solo agli ottavi di finale dalla Roma (prima aveva eliminato Pescara, Reggina e Piacenza). Gli azzurri vengono promossi nella serie cadetta con un notevole distacco sulle inseguitrici, con quattro giornate d'anticipo sulla fine della stagione regolare con Emanuele Calaiò che si mette in evidenza segnando diciotto reti. Al termine della stagione, il 23 maggio 2006, il presidente De Laurentiis, mantenendo la promessa fatta all'atto della sua acquisizione del titolo sportivo dalle mani del tribunale, restituisce al club la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie. L'ultimo atto della stagione è stata la finale di Supercoppa di Serie C1 persa contro lo Spezia: nella doppia finale ha prevalso la squadra ligure grazie allo 0-0 interno nella gara d'andata e all'1-1 al "San Paolo". Nel campionato 2006/07 l'obiettivo è il salto di categoria in un torneo interessante e difficile, a causa della presenza di squadre di ottimo valore, prima fra tutte la Juventus (retrocessa per illecito). Il Napoli ha un ottimo avvio in Coppa Italia superando i primi tre turni, battendo prima il Frosinone per 3-1, poi l'Ascoli 1-0 (dopo i tempi supplementari) ed infine la Juventus, per 8-7 ai calci di rigore, dopo una gara emozionante chiusa sul 3-3. Negli ottavi di finale gli azzurri vengono eliminati dal Parma (1-0 a Napoli, 1-3 in Emilia). In campionato la squadra si mantiene costantemente nelle prime tre posizioni; infine, registrata la promozione della Juventus, il Napoli giunge al confronto diretto dell'ultima giornata, in casa del Genoa, secondo in classifica e con un punto di vantaggio proprio sui liguri. Il pareggio a reti bianche di Marassi e il concomitante pareggio del Piacenza (unica squadra che era ancora in gioco per eventuali play-off), è stato sufficiente a garantire sia al Napoli che al Genoa la promozione diretta, festeggiata insieme dalle due tifoserie (gemellate dal 1982) da troppo tempo lontane dal massimo palcoscenico calcistico nazionale. La rinascita [modifica]2007-08 [modifica]Per il ritorno in Serie A, il Napoli modifica leggermente la propria politica gestionale, puntando ancor di più, rispetto al passato, su giovani talenti che possano permettere con basse spese di avere buoni rendimenti immediati e futuri - in primis Lavezzi, Hamšík, Gargano - appaiandoli a giocatori di esperienza come Blasi, Zalayeta e Contini; l'allenatore è ancora Reja, uno dei più longevi della storia del club. In Coppa Italia, gli azzurri superano i primi tre turni battendo Cesena, Pisa e Livorno, ma vengono eliminati dalla Lazio agli ottavi di finale (3-2 in totale: 2-1 a Roma e 1-1 a Napoli). Nel mercato di riparazione, vengono acquistati Santacroce e Mannini dal Brescia, Pazienza dalla Fiorentina e Navarro dall'Argentinos Juniors. In campionato la squadra ottiene una salvezza tranquilla e chiude all'ottavo posto con 50 punti, centrando la qualificazione per l'Intertoto, dopo quasi 14 anni dall'ultima partecipazione in una competizione europea. 2008-09 [modifica]A campionato terminato, Pierpaolo Marino mette a segno cinque acquisti: Rinaudo dal Palermo, Maggio dalla Sampdoria, Denis dall'Independiente, Russotto dal Bellinzona, Aronica dalla Reggina, e conferma per il quarto anno di fila Reja come allenatore. Superati con qualche sofferenza i greci del Panionios in Intertoto ed agevolmente gli albanesi del Vllaznia nei preliminari, il Napoli si qualifica per la Coppa Uefa 2008-2009, dove viene eliminato al primo turno dal Benfica (4-3 in totale, dopo il 3-2 a Napoli e lo 0-2 a Lisbona). In Coppa Italia il Napoli, entrato agli ottavi, supera la Salernitana (3-1) per poi essere eliminato ai calci rigori dalla Juventus, in trasferta e dopo un match combattuto , nei quarti. In campionato, alla pausa invernale, il Napoli è 5° con 33 punti in 19 partite, mantenendo l'imbattibilità in casa e chiudendo ottimamente il suo girone d'andata. Nel mercato di gennaio viene messo a segno l'acquisto di Jesús Dátolo, centrocampista argentino prelevato dal Boca Juniors, mentre dalla lista degli svincolati viene ingaggiato il portiere Luca Bucci per sopperire agli infortuni di Iezzo e Gianello. Purtroppo il girone di ritorno si apre nel peggiore nei modi: 2 punti in 7 partite. Perdendo perfino l' imbattibilità in casa, il Napoli entra in una buia crisi che sembra non finire più. Contestazioni anche da parte dei tifosi dopo la sconfitta interna con il Genoa e per Reja sembra sempre più lontano il prossimo anno in azzurro. Inoltre ricordiamo che il 28 Febbraio il Napoli perde un'altra partita di campionato (molto contestata) contro la Juventus a Torino con gol di Marchisio.
Cronistoria [modifica]
Il Napoli nelle competizioni internazionali [modifica]
Il Napoli in competizioni europee ufficiali ha disputato 126 partite (6 in Coppa dei Campioni, 76 tra Coppa delle Fiere e Coppa Uefa, 17 in Coppa delle Coppe, 2 in Coppa Intertoto, 5 in Mitropa Cup, 10 in Coppa delle Alpi, 5 nel Torneo Anglo-Italiano, 2 nella Coppa di Lega Italo-Inglese, 3 nella Coppa Torneo Italia) ed ha vinto una Coppa Uefa (1989), una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976). Colori e simbolo [modifica]Maglia e simbolo [modifica]La tenuta di gioco del Napoli è composta da una maglia azzurra con numerazione bianca, pantoloncini bianchi e calzerotti azzurri. La tenuta da trasferta tradizionalmente è composta da maglia bianca con numerazione blu scuro pantaloncino bianco o azzurro, calzerotti bianco o azzurri, la terza tenuta invece è composta da una maglia rossa, pantaloncino bianco o azzurro, calzerotti azzurri. Al momento della fondazione nel 1926 fu adottata una maglia di colore azzurro con colletto celeste e pantaloncini bianchi. Il colore azzurro venne scelto poiché nel 1926, era il colore di fondo dello stemma della provincia di Napoli. Su tale principio nacque anche il primo simbolo, ovvero il cavallo, simbolo della provincia partenopea. In conseguenza dell'ultimo posto conseguito dal Napoli nella sua prima stagione, i tifosi decisero di sostituire il cavallo con un ciuccio. Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia sino ad oggi, mentre è aumentata la presenza del bianco. Nei primi anni '80, quando il fornitore tecnico era Ennerre, il Napoli giocava spesso con numerazione nera e pantaloncini neri; nella stagione 1982/83 invece sulle maglie del Napoli, invece del tradizionale stemma, venne stampato un ciuccio stilizzato, in onore al simbolo del sodalizio. L'unica stagione in cui la squadra napoletana non ha giocato con la casacca tradizionale è stata il 2002-2003, disputato in Serie B. In quell'occasione lo sponsor tecnico Diadora vestì gli azzurri con una maglia a striscie verticali bianco-azzurre in stile Argentina. Nelle ultime partite di quella stagione l'allora presidente Salvatore Naldi per scaramanzia optò per un ritorno al passato e nelle partite decisive per la salvezza il Napoli tornò all'antico (a partire da quella in casa contro la Ternana), indossando le maglie dell'annata precedente. Sia la società che lo sponsor tecnico non avevano più mute di maglie azzurre. Il sodalizio napoletano fu cosi costretto a chiedere la restituzione di alcune mute, di colore azzurro, ad alcune scuole calcio cui erano state donate. Da notare che a partire dagli anni 2000 il Napoli gioca frequentemente anche con tenute monocromatiche azzurre, tendenza abbastanza diffusa ormai per meglio contrastare le divise delle squadre. Nella stagione 2007/08 la maglia si può definire un rimando del passato, con un azzurro classico sbiadito che richiama le divise indossate nei primi anni '80, presentando il simbolo della squadra e un colletto a forma di "V", con il bianco presente su due "code di topo", che percorrono la parte anteriore della casacca e sui bordi delle maniche. La seconda maglia è bianca con bordi azzurri mentre la terza è di colore rosso (sempre in memoria degli anni '80), con pantaloncini blu scuro. Per la stagione 2008/09 lo sponsor resta la Diadora. La maglia cambia, infatti non c'è più il classico "girocollo" ma viene adottato un colletto in stile "polo". La prima maglia è come sempre azzurra con pantaloncini bianchi e calzettoni azzurri; la seconda non è più bianca ma rossa, in omaggio alle seconde maglie degli anni '80, con calzoncini azzurri (o bianchi, a seconda del colore dei calzoncini degli avversari) e calzettoni rossi; la terza divisa, infine, è completamente blu scuro. In queste tre maglie le rifiniture vanno dal collo fino alla manica: nella prima divisa sono bianche, sulla seconda azzurre e color oro sulla terza. Numeri ritirati [modifica]Con l'avvento in Italia, nel 1995, della regola dei numeri "fissi" e cognome sulla maglia di ogni calciatore, il Napoli, seppur solo nell'estate 2000, ha ritirato la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al grandissimo contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea. Nell'ordine gli ultimi ad indossare la maglia azzurra con quel numero, con l'avvento della numerazione fissa sono stati: Fausto Pizzi (nel 95/96), Beto (nel 96/97), Igor Protti (nel 97/98, ultimo calciatore ad indossare e siglare un gol con la numero 10 in Serie A), e Claudio Bellucci (98/99 e 99/2000, ma in Serie B). Tuttavia, per motivi regolamentari, il numero è stato ristampato sulle maglie azzurre dal 2004 al 2006 in Serie C1, torneo dov'è adottata ancora la vecchia numerazione dall'1 all'11. L'ultimo calciatore che ha indossato e siglato un gol con questa maglia in una gara ufficiale è stato Mariano Bogliacino nella gara casalinga del 18 maggio 2006 contro lo Spezia, valevole per la finale di ritorno della Supercoppa di C1. Primato che gli appartiene anche per l'ultima apparizione in campionato, il 12 maggio 2006 nella gara in casa del Lanciano. Per quel che concerne esclusivamente il campionato, invece, va al calciatore argentino Sosa il primato di essere stato l'ultimo ad indossare la maglia al "San Paolo" e contemporaneamente a segnare, in una gara contro il Frosinone. Il 4 Gennaio 2009, durante un'amichevole con la Cavese, l'attaccante Ezequiel Lavezzi ha indossato il 10 dopo quasi 3 anni dal suo ritiro. Sponsor principali [modifica]
Fornitori tecnici [modifica]
Lo stemma [modifica]
Il primo stemma del Napoli è rappresentato da un cavallo bianco, poggiato su un pallone da calcio, accerchiato dalle iniziali della denominazione di allora della società partenopea: "A.C.N.", che stanno per Associazione Calcio Napoli. Ma dopo un anno viene sostituito il cavallo con l'asino. Lo stemma varia di nuovo nel 1964, in concomitanza con la nuova denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli: un cerchio bianco, con una N bianca (su sfondo azzurro) al suo interno. A parte una modifica per la stagione 1982/83 (quando lo stemma fu una "N" bianca unita ad un ciuccio stilizzato), nell'estate del 1985, all'interno del cerchio bianco fu posta la scritta in nero "Società Sportiva Calcio Napoli". Una parziale modifica avviene nell'estate del 2002, quando il cerchio diventa blu, e la scritta societaria diviene bianca. Infine, nel 2004, dopo il fallimento, lo stemma ufficiale resta quasi invariato rispetto a quello precedente, con la differenza che dal cerchio blu scompare la scritta societaria. L'inno [modifica]
Stadi e sedi [modifica]Gli stadi [modifica]
Il San Paolo [modifica]
Il Napoli disputa le sue partite casalinghe allo stadio "San Paolo" dal 1959; fu inaugurato con la partita Napoli-Juventus, terminata con la vittoria degli azzurri per 2-1. L'impianto, che inizialmente prevedeva una capienza di 85.012 posti a sedere, è arrivato ad ospitarne 76.824, momentaneamente ridotti a 60.240 a causa della chiusura del terzo anello. Le sedi [modifica]
Rosa 2008-2009 [modifica]Aggiornata al 6 febbraio 2009.
Staff tecnico [modifica]![]()
Salvatore Carmando, storico massaggiatore del Napoli
Settore giovanile [modifica]Il Settore giovanile si occupa di gestire tutte le squadre iscritte dalla SSC Napoli ai campionati giovanili della FIGC e ai vari tornei nazionali e internazionali. L'obiettivo di questo settore è quello di formare e valorizzare i giovani tesserati della SSC Napoli affinché possano essere lanciati nel mondo del calcio professionistico, costituendo anche un serbatoio di talenti dal quale la prima squadra possa attingere. Storia [modifica]Il settore giovanile [modifica]La cronica instabilità finanziaria del club ha fatto sì che non fossero mai sfruttate a pieno le potenzialità del vivaio napoletano: Antonio Juliano e Fabio Cannavaro hanno rappresentato le poche eccezioni a tale tendenza. Negli anni '70/'80, in concomitanza con il miglior periodo della prima squadra, il settore giovanile riesce ad affermare singoli giocatori creando formazioni in grado di raggiungere ottimi piazzamenti nelle competizioni di categoria. Nell' epoca post-Maradona il Napoli vive un momento di profonda crisi ed anche il settore giovanile viene trascurato; nonostante ciò, nei primissimi anni '90, le giovanili del Napoli portano alla Serie A giocatori di talento tra i quali spicca il (futuro) campione del mondo italiano e Pallone d'oro 2006 Fabio Cannavaro; il periodo di crisi aveva portato alla sua cessione per motivi economici, 10 anni prima del duplice riconoscimento. Nonostante il trend negativo del sodalizio azzurro, il settore giovanile si è imposto nella Coppa Italia Primavera del 1997 ed ha conquistato lo Scudetto Allievi. In questi anni fu anche costruito, nel comune di Marianella, un centro sportivo che, nei piani dei dirigenti, avrebbe dovuto essere all'avanguardia a livello di formazione giovanile. La struttura - però - sarà consegnata al totale degrado fino alla sua chiusura. Col fallimento della SSC Napoli nel 2004, il settore giovanile è totalmente smembrato. Ma quando la società viene rilevata da De Laurentiis, si decide di investire sui giovani per poter contare sempre più anche sull'apporto di talenti locali in erba ed risultati sono subito ottimi con un titolo Berretti di Serie C vinto al primo colpo. I primi anni del rinnovamento sono comunque molto difficili poiché la società concentra al massimo i propri investimenti nel progetto di ritorno in Serie A, nonostante ciò il lavoro del direttore Santoro e del suo staff portano al ritorno di alcuni azzurrini nel giro delle nazionali giovanili. Tra i giocatori lanciati in prima squadra figurano Luigi Vitale e Cosmo Palumbo: il primo è stato titolare nelle prima due partite d'Intertoto ed è regolarmente utilizzato in prima squadra, mentre il secondo è stato ceduto in prestito al Cesena, in Serie C. Palmarès [modifica]Centro tecnico e campi di gioco [modifica]Il settore giovanile ha originariamente condiviso il Centro sportivo Paradiso con la prima squadra, dopo essere stato trasferito negli Anni '90 alll'interno di una struttura specifica situata a Marianella dove avvenivano allenamenti e le partite ufficiali. Questo centro sportivo non sarà mai completato e cadrà presto in disuso, complice anche la crisi economica della società. Dopo il fallimento verrà utilizzato in parte il Centro Sportivo di Castel Volturno ma soprattutto vari impianti situati nella provincia di Napoli, in particolar modo nello stadio comunale di Marano di Napoli e a Cercola. È prevista in futuro la realizzazione d un nuovo centro tecnico con 7 campi e foresteria situato a Castel Volturno Rose anni precedenti [modifica]
Giocatori celebri [modifica]
Il Napoli e la Nazionale italiana [modifica]I primi giocatori del Napoli a militare in nazionale furono Marcello Mihalich ed il Veltro Attila Sallustro il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo. La partita terminò 6-1 e 3 gol furono segnati dai due azzurri (due da Mihalic ed uno da Sallustro). Tuttavia i due azzurri non furono scelti per i mondiali 1934, ma fu scelto Giuseppe Cavanna, portierone azzurro, che si laureò addirittura campione del mondo come secondo del mitico Gianpiero Combi. Ai mondiali del 1938 il Napoli non ebbe alcun rappresentante. La decadenza della nazionale degli anni '50 e '60 coincise con quella del Napoli e non è un caso che il ritorno al successo degli azzurri fu segnato dal ritorno in Nazionale di due grandi giocatori azzurri Antonio Juliano, che partecipò anche ai mondiali del 1966, e Dino Zoff, che portarono l'Italia alla vittoria del suo primo e per ora unico europeo nel 1968 e al secondo posto nei mondiali del 1970. Il Napoli ebbe tuttavia altri rappresentanti: lo stesso Juliano nel mondiale del 1974 e Mauro Bellugi nell' europeo del 1980. Ma il periodo con più napoletani in nazionale coincise con quello del Napoli di Maradona; nel periodo compreso fra i mondiali del 1986, gli europei del 1988 e i mondiali del 1990 giocarono in nazionale Salvatore Bagni, Fernando De Napoli, Ciro Ferrara, Giovanni Francini, Francesco Romano, Andrea Carnevale convocati per le rose fase finali delle competizioni, mentre Luca Fusi e Massimo Crippa, vestirono la maglia della Nazionale in alcune amichevoli. Per ben 15 anni nessun calciatore del Napoli fu convocato in nazionale. Spezzò il digiuno delle convocazioni, Paolo Cannavaro il 13 ottobre 2007, chiamato per l'amichevole contro il Sudafrica, senza però fare ingresso in campo. Un anno dopo la convocazione (e questa volta per gare di qualificazioni ai mondiali) fu per Fabiano Santacroce e Christian Maggio, ma anche loro non scesero nelle due gare in campo. Christian Maggio però, un mese dopo, nuovamente convocato, scendendo in campo nell'amichevole contro la Grecia, fece terminare cosi' il lungo periodo di ben 16 anni in cui nessun calciatore del Napoli aveva indossato in campo la maglia della Nazionale; digiuno che però continua ancora per quel che concerne le presenze in gare di competizioni ufficiali. Il giocatore che ha militato nel Napoli ottenendo più presenze nella selezione azzurra è stato Fabio Cannavaro con 116 presenze, mentre quelli con più gol sono stati Gianfranco Zola (10 gol) e Gino Rossetti II (9 gol). I giocatori del Napoli nelle varie spedizioni azzurre [modifica]Palmarès [modifica]Trofei nazionali [modifica]
Trofei internazionali [modifica]
Trofei minori [modifica]
Altri piazzamenti e partecipazioni [modifica]Campionati nazionali [modifica]
In 81 stagioni sportive a partire dalla fondazione della società nel 1926, compresi 4 tornei di Divisione Nazionale (A). Serie A [modifica]Il Napoli ha partecipato a 67 campionati di Massima Serie, di cui quattro non a girone unico. In tali stagioni è salito 12 volte sul podio:
Serie B [modifica]Il Napoli ha partecipato a 12 campionati di Serie Cadetta. In tali stagioni ha conseguito 5 promozioni:
Serie C [modifica]Il Napoli ha partecipato a 2 campionati di Terza Serie. In tali stagioni ha conseguito 1 promozione:
Nota: aggiornamento a metà della stagione 2008-09. Record e curiosità [modifica]Record di squadra [modifica]
Record di giocatori [modifica]In grassetto i giocatori in attività e nella rosa del Napoli (i dati sono aggiornati alla fine della stagione 2006-2007)
Record di allenatori [modifica]In grassetto l'allenatore attuale del Napoli (i dati sono aggiornati alla fine della stagione 2007-2008)
Altri record e statistiche [modifica]
Record [modifica]
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