![]() |
![]() |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Associazione Sportiva RomaDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'Associazione Sportiva Roma, spesso abbreviata in A.S. Roma o semplicemente Roma, è una società calcistica di Roma. Tra le principali squadre italiane, fu fondata nel 1927 e milita in Serie A. Insieme a Juventus e Lazio, è una delle tre società italiane di calcio quotate in borsa.[1] In 81 anni di storia ha sempre partecipato, tranne che in un'occasione (nel 1951/52), ai campionati di Serie A, vincendo 3 scudetti, 9 Coppe Italia (primato di vittorie nella competizione, condiviso con la Juventus) e 2 Supercoppe italiane. Ha terminato il campionato per dieci volte al secondo posto e cinque volte al terzo. In 79 stagioni sportive, è arrivata sul podio nel 22,8% delle occasioni. Il simbolo della squadra è la Lupa capitolina; la divisa, che prende i colori dal gonfalone cittadino, è rosso scura tendente al porpora (rosso pompeiano) bordata di giallo-arancio (giallo oro). Le principali rivali nazionali della Roma sono la Lazio, con la quale si contende il primato cittadino nei Derby della Capitale, e la Juventus, squadra contro la quale l'undici capitolino rivaleggiava negli anni ottanta per la conquista del titolo.[2] A livello internazionale la rivalità più accesa è certamente legata alla squadra inglese del Liverpool, che nel 1984 batté ai rigori la Roma nella finale della Coppa dei Campioni proprio in casa dei giallorossi, allo Stadio Olimpico. Attualmente è la quinta squadra d'Italia per numero di tifosi, dietro Juventus, Milan, Inter e Napoli.[3] La Juventus conquista «quasi un terzo» degli intervistati; dietro si posizionano Inter (14%), Milan (13%) e Napoli (7,8%), davanti alla Roma (7,3%) che tuttavia detiene un significativo primato nella dimensione del bacino di utenza localizzato (più di 1 milione di sostenitori nell'area metropolitana di pertinenza). Secondo la rivista americana Forbes, in uno speciale reportage del 2008, il valore del club capitolino ammonta a 434 milioni di dollari, classificando la Roma undicesima nella graduatoria mondiale delle società più valutate e terza tra quelle italiane, dopo Milan e Juventus.[4] Nel 2009, dal rapporto annuale pubblicato da Deloitte, risulta essere la nona società di calcio più ricca in Europa, con un fatturato di 175 milioni di euro, posizionandosi davanti alle italiane Inter (173 milioni) e Juventus (168 milioni), ma dietro al Milan (210 milioni).[5] Storia [modifica]
Andamento della Roma in Serie A dalla nascita ai giorni nostri
Sostanzialmente nella storia della Associazione Sportiva Roma possono essere riconosciuti tre grandi periodi, coincidenti con i tre titoli nazionali conquistati, nei quali la squadra visse una serie di annate decisamente positive. Gli anni che partono dalla sua nascita fino all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, furono l'epoca degli entusiasmi iniziali, quelli del Testaccio. Al termine di un decennio in cui la squadra esprimeva un bel gioco, ottenuto grazie alle prestazioni di giocatori realmente attaccati alla maglia, il club coronò il sogno di vincere il suo primo scudetto. Dopo la parentesi degli anni sessanta, in cui la squadra ottenne l'unica vittoria europea della sua storia con la Coppa delle Fiere, un secondo periodo d'oro si può facilmente riconoscere negli anni della gestione Viola, quelli successivi alla prima grande crisi del calcio moderno, in cui la squadra giallorossa sotto la guida di Nils Liedholm, oltre a vincere il secondo titolo della propria storia, quasi riuscì nell'impresa storica di vincere la Coppa dei Campioni, arrendendosi solo in finale ai calci di rigore. Una terza epoca infine va ricondotta ai primi anni duemila, quando grazie agli sforzi economici del presidente Franco Sensi con allenatore Capello, figura discordante e poco amata dai tifosi romanisti, la Roma arrivò a conquistare il suo terzo titolo nazionale e successivamente svolse una serie di annate di buon livello.[6] Le origini [modifica]
Agli inizi del XX secolo, periodo in cui la popolarità del gioco del calcio era sempre più crescente in tutta la penisola italiana, nella città di Roma la pratica di questo sport era svolta da un gran numero di piccoli club, ognuno con le sue particolarità e differenze. In tale contesto le formazioni erano costituite da semplici squadre di quartiere oppure da rappresentative calcistiche di classi sociali ben definite. Negli anni venti, a Roma, giocavano ben otto società nella prima divisione regionale: U.S. Romana, S.G.S. Fortitudo, S.S. Alba, C.R. Juventus Audax, Roman F.C., C.S. Audace, S.S. Pro Roma e S.S. Lazio.[7] La nascita della A.S. Roma [modifica]![]()
Italo Foschi, fondatore della A.S. Roma
La squadra capitolina venne costituita grazie alla fusione di tre delle società calcistiche di Roma: l'Alba Audace, il Roman e la Fortitudo Pro Roma.[8] Tale decisione venne presa per volere dell'allora segretario della federazione romana del Partito Nazionale Fascista, Italo Foschi, all'epoca anche membro del CONI e Presidente della Fortitudo Pro Roma. La data di nascita della A.S. Roma è stata a lungo discussa: ufficialmente viene infatti indicato il 22 luglio 1927, data del primo ordine del giorno; in realtà sembra che l'accordo per la fusione sia stato raggiunto il 7 giugno dello stesso anno, come annunciato il giorno successivo dai quotidiani romani Il Tevere, La Tribuna e Il Messaggero.[9][10] Foschi diede corpo all'idea di avere una squadra sportiva che portasse il nome della città di Roma e che potesse ambire ai massimi risultati. Infatti, così come era accaduto in altre città del centro-sud (Firenze, Napoli e Bari), si intendeva dare vita, attraverso la fusione, a compagini di maggiori dimensioni in grado di reggere l'urto del calcio professionistico, già ampiamente praticato dalle formazioni del nord dell'Italia, fino a quel momento dominatrici assolute della scena calcistica nazionale. Della fusione avrebbe dovuto far parte anche la Società Sportiva Lazio, ma la stessa rimase fuori dall'accordo per l'intervento di un generale della Milizia fascista, il piemontese Giorgio Vaccaro, appartenente al club biancoceleste e Presidente della FIGC dal 1933 al 1942.[11] Il primo presidente della neocostituita società divenne lo stesso Foschi, il quale tuttavia, dopo solo un anno, dovette rinunciare all'incarico: venne infatti nominato membro del direttorio federale della Spezia e lasciò così la presidenza a Renato Sacerdoti, industriale del settore alimentare. La sede della Roma venne posta nel rione di Campo Marzio, in via Uffici del Vicario n° 35, nei vecchi uffici del Roman Football Club. Nei primi due anni di vita, la Roma giocò provvisoriamente al Motovelodromo Appio, in attesa della costruzione del proprio stadio, dove si trasferì e giocò fino alla fine degli anni trenta: il Campo Testaccio. I colori, il simbolo e la sociologia [modifica]I colori scelti per la nuova compagine nata dalla fusione furono il giallo oro e il rosso porpora, gli stessi della società Roman, ma anche quelli del gonfalone del Campidoglio: il giallo oro ed il rosso porpora o pompeiano, ereditati dagli antichi vessilli dell'Impero Romano. Come simbolo fu invece scelta la lupa che allatta Romolo, il mitico fondatore di Roma, e suo fratello Remo. L'emblema della squadra, uno scudo bipartito rosso-oro sormontato dalla lupa capitolina, comprende tutti questi elementi. Il fatto di rappresentare nei colori e nel simbolo la città e la tradizione di Roma, oltre ad essere l'associazione di tre dei quattro club romani di quei tempi, fece sì che la squadra richiamasse immediatamente a sé le simpatie della grande maggioranza del popolo appartenente sia ai nuovi quartieri che ai rioni nel cuore della città.[12] Gli anni trenta [modifica]
La Roma conquistò il primo trofeo già nella stagione 1927/28, la stessa della propria fondazione, vincendo la Coppa CONI. La Roma "testaccina" [modifica]![]()
Il mitico Campo Testaccio
A partire dal 1930, la Roma poté finalmente trasferirsi nel nuovo stadio, il Campo Testaccio dell'omonimo quartiere popolare. A quel periodo è legata una delle più significative pagine della storia romanista: il pubblico caloroso e gremito nelle tribune di legno dipinte di giallo-rosso di quello stadio costituì l'elemento fondamentale che spinse i giocatori giallorossi a fornire comunque la migliore prestazione in campo.[13] Di conseguenza la squadra di quegli anni mostrava un carattere forte ed impavido di fronte a qualsiasi avversario. Protagonisti di tale periodo furono il capitano Attilio Ferraris IV, il portiere Guido Masetti, il mediano Fulvio Bernardini ed il centravanti fiumano Rodolfo Volk, che segnò ben 103 gol con la maglia giallorossa. ![]()
Sciabbolone Volk in azione
Nell'estate del 1933 la Roma, dopo aver venduto pur con la contrarietà dei propri tifosi il cannoniere Volk, mise a segno tre colpi di mercato acquistando quelli che furono successivamente identificati come i "tre moschettieri" argentini: Enrico Guaita, soprannominato "Il corsaro nero", la mezz'ala Alessandro Scopelli e il centro-mediano Andrea Stagnaro. Sebbene i tre fuoriclasse rimasero nella squadra solamente per due stagioni, contribuirono in modo determinante a trascinare la squadra, che ottenne un quinto ed un quarto posto. Dopo esser stati naturalizzati italiani per godere di alcuni vantaggi, tra cui anche quello di poter esser convocati nella nazionale azzurra, fuggirono di nascosto in una notte del 1935, spaventati dalla possibilità di una chiamata alle armi.[14] L'Italia in quel periodo era infatti in procinto di effettuare la Guerra d'Etiopia. Durante la stagione 1934/35, il presidente Renato Sacerdoti decise di porre in essere un'operazione di ringiovanimento della rosa, pertanto decise di cedere il capitano Ferraris IV. Questi, poco propenso ad allontanarsi da Roma, si accasò clamorosamente alla Lazio, diventandone addirittura il capitano. Tale trasferimento sconvolse i tifosi romanisti, per i quali il giocatore divenne un vero e proprio traditore. In seguito, Attilio Ferraris divenne campione del mondo con la nazionale italiana e qualche mese dopo verrà definito, in una storica partita con l'Inghilterra, il "Leone di Highbury". Gli anni quaranta [modifica]
Il primo scudetto [modifica]Dopo un decennio di piazzamenti altalenanti, nella stagione 1941/42 la Roma conquista il suo primo scudetto, grazie alla vittoria per 2-0, del 14 giugno 1942, contro il Modena nell'allora Stadio Nazionale, sito al posto dell'attuale Stadio Flaminio. Il trofeo giunse inaspettato, in quanto gli anni trenta si erano conclusi con l'egemonia del Bologna e dell'Ambrosiana, le quali si erano divise i precedenti due scudetti, risultando, pertanto, le favorite per la conquista del titolo. La squadra giallorossa, invece, nella stagione precedente si era addirittura classificata undicesima. Il protagonista della stagione, con 18 reti messe a segno, fu un giovane centravanti: Amedeo Amadei, chiamato amorevolmente dai tifosi romanisti "Il fornaretto".[15] Per la prima volta nella storia del calcio, lo scudetto tricolore venne assegnato ad una squadra del centro Italia, al di sotto della pianura padana.[16] Il declino del dopo scudetto [modifica]Nell'anno successivo alla vittoria dello scudetto, il presidente Edgardo Bazzini confermò in blocco la squadra campione d'Italia, commettendo di fatto un gravissimo errore che lentamente portò i meccanismi della formazione ad un improvviso ed inesorabile tracollo. Lo sbaglio principale fu quello di non tener conto che l'età media della ristretta rosa giallorossa era ormai notevolmente alta, soprattutto per i parametri dell'epoca, allorquando la carriera di un normale atleta era decisamente più breve rispetto a quella di un calciatore odierno. Se da un lato questa fu la causa principale del declino della squadra scudettata, bisogna tuttavia sottolinare che cominciava ad affermarsi nella realtà del calcio italiano la squadra che avrebbe dominato il campionato nei travagliati anni quaranta: il Grande Torino. La guerra pose fine al campionato nazionale, che venne sospeso per tre anni. In questo periodo furono disputati solo dei campionati regionali o locali; nella capitale venne organizzato il Campionato romano di guerra. Il torneo nazionale riprese solo nel 1945/46 e venne suddiviso nuovamente in due gironi: uno per il nord ed uno per il centro-sud. La squadra capitolina non riuscì tuttavia a competere con le altre formazioni del settentrione ed oltretutto era impossibile per quella squadra confrontarsi con il Grande Torino, che si dimostrava imbattibile per chiunque. Gli anni cinquanta [modifica]
La retrocessione in Serie B e l'immediato ritorno [modifica]Nella stagione 1950/51 la panchina giallorossa subì diversi cambi di allenatore. La Roma perse 11 partite per 1-0, in quanto ogni volta che la squadra subiva un gol non era in grado di rimontare, manifestando una sorta di impotenza nei confronti dell'avversario. Il tracollo fu inevitabile e si compì all'ultima giornata di campionato: il 17 giugno del 1951, esattamente cinquant'anni prima della conquista, anch'essa all'ultima giornata, del terzo scudetto giallorosso, la Roma, per la prima ed unica volta nella propria storia, retrocesse in Serie B. Per tali motivi, nella stagione successiva, la squadra giallorossa disputò il torneo cadetto, confrontandosi con un agguerrito Brescia, che fino all'ultima giornata insidiò la squadra giallorossa. Ciononostante, la Roma rimase prima in classifica per tutto il campionato, che concluse a 53 punti, ad una lunghezza sui rivali lombardi. Il 22 giugno del 1952, a dieci anni esatti dalla conquista dello scudetto, i giallorossi festeggiarono il ritorno in Serie A. Negli anni successivi alla promozione, la squadra venne arricchita di nuovi e prestigiosi acquisti. La panchina venne affidata prima a Mario Varglien, poi all'inglese Jesse Carver, il quale riuscì nelle prime giornate di campionato a creare un buon sistema di gioco che consentì alla squadra di disputare ottime partite. Tuttavia, gli iniziali sforzi profusi vennero vanificati nel corso del campionato da una serie di infortuni che fecero scivolare la Roma al sesto posto in classifica. ![]()
Dino Da Costa in allenamento
Il 17 maggio 1953, la Roma si trasferì dallo Stadio Nazionale (ribattezzato "Stadio Torino" per onorare la squadra del Grande Torino caduta a Superga) nel nuovo Stadio Olimpico. A sorpresa, nell'estate dello stesso anno venne messo a segno un grandissimo colpo di mercato: la Roma ingaggiò dal Peñarol il ventisettenne campione uruguagio Alcides Ghiggia, ala di gran classe, autore in particolare del gol vittoria nella finale tra il Brasile e l'Uruguay nei Mondiali del 1950. Negli anni successivi, la Roma alternò buone stagioni (come il terzo posto nel 1954/55) ad altre disastrose, e nel 1956/57 sfiorò nuovamente la retrocessione. Protagonisti della seconda metà degli anni cinquanta furono Alcides Ghiggia e il brasiliano Dino Da Costa, formidabile attaccante che con la Roma vinse la classifica marcatori del 1957 con 22 reti. Da Costa divenne l'idolo dei tifosi romanisti poiché disputava eccellenti derby, nei quali segnava puntualmente. In quegli anni, un altro pilastro della squadra fu Giacomo Losi, difensore-mediano leader del reparto arretrato e fulcro del gioco romanista. In particolare Losi è stato il giocatore con più presenze in assoluto con la maglia della Roma (386) fino al febbraio 2008, quando è stato superato da Francesco Totti. L'attaccamento ai colori ed il suo carattere straordinario, da capitano vero, valsero a Losi il soprannome di "Core de Roma". Gli anni sessanta [modifica]
La Coppa delle Fiere [modifica]Nel 1960/61 i giallorossi riuscirono a raggiungere una dimensione europea, grazie alla vittoria della Coppa delle Fiere.[17] La Roma di Giacomo Losi conquistò la coppa vincendo la doppia finale contro il Birmingham City: dopo aver pareggiato 2-2 in trasferta, i giallorossi si imposero per 2-0 all'Olimpico. Nella storia di questa competizione nessun'altra formazione italiana riuscirà ad aggiudicarsi il trofeo, che poi sarebbe stato sostituito dalla Coppa UEFA nel 1971.[18] Nelle file della dirigenza romanista che vinse la coppa figurava come vice-presidente Franco Sensi, che esattamente 40 anni dopo vincerà da presidente il terzo scudetto della storia giallorossa.[19] Durante gli anni sessanta, la Roma disponeva di una formazione con diversi fuoriclasse, tra i quali si distinse l'attaccante argentino Pedro Manfredini, eccellente "rapinatore" dell'area di rigore, che fu uno dei cannonieri più prolifici della storia giallorossa. In particolare, Manfredini fu capocannoniere del campionato 1963 a pari merito con Harald Nielsen del Bologna. Un altro ottimo giocatore di quel periodo fu la mezz'ala Francisco Ramon Lojacono, giocatore ambidestro dotato di uno straordinario tiro da fuori area, che gli consentiva di battere precisi e potenti calci di punizione. Infine nella Roma giocava anche il forte cannoniere oriundo Antonio Valentin Angelillo. Altri protagonisti importanti dell'epoca furono sicuramente lo svedese Arne Selmosson e l'uruguagio Juan Alberto Schiaffino. Nonostante la stagione deludente, conclusasi con un dodicesimo posto in classifica, la squadra giallorossa nel 1963/64, conquistò la sua prima Coppa Italia, dopo aver battuto nella finale il Torino. La Roma di quegli anni nonostante sulla carta fosse molto competitiva non riuscì mai a superare il quinto posto in classifica, per questo la stampa dell'epoca accusò i giocatori di essere attratti dalla dolce vita e di condurre stile di vita poco professionale.[20] La decade si chiuse con la semifinale della Coppa delle Coppe 1969/70, dove la Roma pareggiò per 1-1 in casa e per 2-2 in trasferta contro il Górnik Zabrze. All'epoca non era prevista né la regola dei gol fuori casa, né quella dei tiri di rigore. Lo spareggio, che si disputò a Strasburgo il 22 aprile 1970, finì ancora in parità: 1-1 dopo i tempi supplementari (Lubański e Capello su rigore); il lancio della monetina si svolse in campo e favorì i polacchi. La crisi finanziaria [modifica]![]()
La formazione vincitrice della seconda Coppa Italia
Nel 1964 la Roma si trovò sull'orlo del fallimento in quanto il deficit era talmente rilevante che la società era impossibilitata a pagare gli stipendi dei propri giocatori, i quali minacciavano lo sciopero. Il giorno di capodanno del 1965, al Teatro Sistina, spinti dalle polemiche dell'allora allenatore della Roma Juan Carlos Lorenzo, i tifosi organizzarono addirittura una colletta per reperire i fondi per la trasferta di campionato che avrebbe avuto luogo qualche giorno più tardi.[21] Dopo l'inevitabile cessione di alcuni giocatori rappresentativi, tra cui Giancarlo De Sisti detto "Picchio", nel 1967 il presidente Franco Evangelisti, completando il piano di risanamento delle casse societarie, trasformò la Roma in una società per azioni. Verso la fine degli anni sessanta, la squadra venne affidata ad Helenio Herrera, tecnico vincente che aveva portato l'Inter alla conquista di due Coppe Intercontinentali. Nonostante l'arrivo del nuovo allenatore, i risultati sul campo non migliorarono; la Roma concluse il campionato solamente ottava, ma vinse comunque la sua seconda Coppa Italia nel giugno del 1969. Gli anni settanta [modifica]
Gli anni della "Rometta" [modifica]![]()
Francesco Rocca, detto Kawasaki, sfortunato campione giallorosso
Gli anni settanta furono uno dei decenni meno gloriosi per la storia romanista, ma comunque i più densi di sentimenti per la tifoseria, a quei tempi molto calda. La mitica bandiera Giacomo Losi si ritirò e vennero inoltre ceduti alla Juventus, nell'ultimo anno della presidenza di Marchini, i tre "gioielli" (Spinosi, Capello e Landini). Per tali motivi, il periodo successivo fu quello della cosiddetta "Rometta" di Gaetano Anzalone: una squadra fatta di gregari, giovani promesse e soprattutto vecchie glorie, giocatori che avevano già dato il meglio di sè in altre piazze, come Pierino Prati, Luis Del Sol, Amarildo. Rimarcabile in tale contesto fu il ritorno di Picchio De Sisti. La Roma, nel corso di questo decennio, oscillò costantemente in posizioni di media classifica, ad esclusione del 1975, quando conquistò il terzo posto. Nella seconda metà degli anni settanta, la panchina giallorossa fu guidata da Nils Liedholm, il "barone" svedese, il quale realizzò il sogno dello scudetto solo negli anni ottanta con l'arrivo di Dino Viola. Il momento peggiore di quegli anni si concretizzò nella stagione 1978/79, quando la Roma ebbe la certezza di rimanere in Serie A solo alla penultima giornata: il 6 maggio 1979, grazie ad un pareggio in casa con l'Atalanta per 2-2. La squadra comunque precedette solamente quattro squadre. Nella stagione successiva, la Roma venne rilevata da Dino Viola, che trasformò completamente la squadra cogliendo i frutti tecnici ed organizzativi che Anzalone aveva seminato. Nascita del tifo organizzato e del CUCS [modifica]
Durante questi anni di crescente passione per i colori, all'interno dello Stadio Olimpico nella Curva Sud, la zona più calda del tifo romanista (che fu acquisita esclusivamente dai giallorossi l'11 marzo 1973 dopo l'allontanamento di una minoranza di tifosi della Lazio che si erano appostati in quel settore durante i derby), cominciarono a formarsi dei gruppi organizzati di giovani, i quali, dal 1977, confluirono in un unico gruppo: il Commando Ultrà Curva Sud.[22] La stessa società, nella persona del presidente Gaetano Anzalone, chiese ed ottenne dai personaggi carismatici del tifo giallorosso di unirsi per cercare di risolvere il crescente problema della violenza.[23] L'idea era quella di convogliare le energie dei tifosi, perlopiù impiegate fino ad allora in manifestazioni aggressive, in un sostegno fattivo e unanime per la squadra, associato ad un rifiuto esplicito della violenza. La strategia che portò al modello di tifoseria organizzata si rivelò efficace, a tal punto da essere presa d'esempio dalle altre curve italiane, e diede il via ad un decennio di grande passione sportiva, nel quale finalmente la Curva Sud si trovò unita nell'obiettivo unico di sostenera la squadra, tanto da essere premiata internazionalmente con il "Fair Play Trophy" nel 1986.[24] Gli anni ottanta [modifica]
Il secondo scudetto [modifica]La crescita societaria portò, già nella stagione 1980/81, ad un secondo posto che non dava pienamente merito alla squadra per l'ottimo rendimento visto in campo. L'annata trascorsa fu comunque fautrice di un felice quadriennio che regalò al club molti riconoscimenti. La stagione fu decisa, in particolare, da un contestatissimo gol annullato al difensore Maurizio Turone nello scontro diretto con la capolista Juventus. La decisione arbitrale divenne tristemente un simbolo ("Er gol de Turone") della presunta dipendenza psicologica delle terne arbitrali nei confronti di formazioni blasonate. Nella stagione 1982/83, sotto la guida del presidente Dino Viola e dell'allenatore svedese Nils Liedholm, la Roma si aggiudicò il secondo scudetto della propria storia; fecero parte della rosa della prima squadra giocatori come il capitano Agostino Di Bartolomei, il centrocampista Carlo Ancelotti, il brasiliano Paulo Roberto Falcão, il difensore Pietro Vierchowod, il centravanti Roberto Pruzzo (secondo miglior cannoniere giallorosso di tutti i tempi con 106 gol, superato a fine 2004 da Francesco Totti) e l'ala Bruno Conti, già campione del mondo con la Nazionale italiana in Spagna nel 1982. La finale della Coppa dei Campioni [modifica]![]()
Falcão in azione con la maglia giallorossa
Nel corso della stagione 1983/1984, la Roma raccolse i frutti del proprio gioco "a zona", giungendo il 30 maggio 1984 in finale di Coppa dei Campioni, che nell'occasione si disputava proprio allo Stadio Olimpico di Roma. Pur giocando una partita di ottimo livello, non riuscì ad imporsi sui "reds" del Liverpool e, dopo aver concluso i tempi regolamentari per 1-1 (gol del vantaggio di Phil Neal per il Liverpool al 13' e pareggio per i giallorossi di Pruzzo al 42'), perse la coppa ai calci di rigore, a causa degli errori dal dischetto di Bruno Conti e Ciccio Graziani. L'amarezza della sconfitta, causata anche dal fatto che la finale si era svolta in casa, fece scaturire numerose polemiche, che si moltiplicarono nei giorni successivi, volte alla ricerca di scoprire le cause della mancata vittoria. Molte proteste furono indirizzate sul gol del vantaggio del Liverpool, nato successivamente ad un'azione in cui non fu ravvisato un probabile fallo di carica sul portiere giallorosso Tancredi, ostacolato in uscita dall'irlandese Ronnie Whelan, che gli fece perdere il pallone lasciando così la porta indifesa. Inoltre, fu molto discussa la decisione di Falcão, all'epoca uno dei simboli della Roma e specialista nei tiri dagli undici metri, di non voler battere uno dei rigori finali. La Roma fu comunque protagonista di una straordinaria stagione, aggiudicandosi nello stesso anno la Coppa Italia. L'incredibile sconfitta con il Lecce [modifica]Dopo aver concluso comunque uno dei migliori periodi della propria storia con Liedholm, la Roma di Dino Viola affidò la panchina giallorossa ad un altro tecnico svedese, Sven-Göran Eriksson. Dopo una prima stagione deludente, conclusasi con il settimo posto in classifica e con l'amaro addio di Falcão, nella stagione 1985/86 la Roma sfiorò nuovamente il tricolore: dopo un'incredibile rimonta di 9 punti sulla capolista Juventus, battuta all'Olimpico con un sonoro 3-0, la penultima giornata di campionato riservò alla squadra giallorossa un turno teoricamente favorevole per il sorpasso in testa alla classifica: la Roma doveva infatti affrontare in casa il Lecce, squadra peraltro già retrocessa. Il gol dell'ex Alberto Di Chiara ed una doppietta di Juan Alberto Barbas condannarono invece la Roma ad un'inaspettata sconfitta per 2-3: la sconfitta, assieme a quella subita contro il Liverpool, fu identificata come una delle pagine più amare della storia del club capitolino. La conquista, nello stesso anno, della sua sesta Coppa Italia non bastò a consolare i tifosi, che avevano anche assistito al giro d'onore del presidente Viola e del sindaco di Roma Ugo Vetere prima della partita. Nelle due stagioni successive la Roma acquista, fra gli altri, gli attaccanti titolari degli anni successivi: il tedesco Rudi Völler e la promettente seconda punta Ruggiero Rizzitelli. Viola tentò di rilanciare la squadra anche acquistando il brasiliano Renato Portaluppi, ma questi, pur popolarissimo in patria, si rivelò ben presto inadatto al calcio europeo. Gli anni novanta [modifica]
La morte di Viola e gli anni bui della nuova Roma [modifica]![]()
Giuseppe Giannini agli esordi con la maglia della Roma
Dino Viola morì il 18 gennaio del 1991, dopo aver prelevato il forte difensore centrale Aldair, il quale sarebbe divenuto negli anni a venire il pilastro difensivo della squadra.[25] La scomparsa del presidente segnò l'inizio di un lungo periodo di caos per la Roma, che tuttavia aggiunse ai propri trofei, sotto la guida di Ottavio Bianchi, la settima Coppa Italia. La coppa fu conquistata contro la Sampdoria, che però prevalse per 1-0 nel successivo match di Supercoppa di Lega. Nella stagione, inoltre, la Roma disputò un entusiasmante cammino in Coppa Uefa, eliminando, nell'ordine, Benfica, Valencia, Bordeaux, Anderlecht, Brøndby. I giallorossi si presentarono alla finale della competizione contro l'Inter con all'attivo un ruolino di marcia invidiabile: 8 vittorie, 2 pareggi, 20 reti fatte e 5 subite, nonostante avessero incontrato diverse teste di serie.[26] Particolarmente emozionante fu la semifinale: dopo aver eliminato diversi club blasonati, la Roma si trovò di fronte il Brøndby, che si dimostrò avversario ostico. Il ritorno all'Olimpico era fermo sul risultato di 1-1, che avrebbe garantito ai danesi il passaggio del turno; il gol decisivo di Voeller arrivò a soli due minuti dal termine, facendo letteralmente tremare lo stadio e regalando alla Roma l'accesso alla finale.[27] Nel doppio confronto, dopo aver perso la partita di andata a San Siro per 2-0, la squadra giallorossa non riuscì a ribaltare il risultato all'Olimpico: davanti a 85000 spettatori, vinse solo per 1-0 con una rete di Rizzitelli segnata negli ultimi minuti di gioco.[28] Forte fu la delusione dei tifosi che, dopo la sfortunata finale di Coppa dei Campioni disputata pochi anni prima, videro per la seconda volta una squadra avversaria alzare un trofeo internazionale nello Stadio Olimpico.[29] Il nuovo presidente Giuseppe Ciarrapico era un sincero tifoso della squadra, ma difettava di competenza manageriale. Le sue controverse decisioni si tradussero in una serie di risultati altalenanti. Al termine della stagione successiva, il tecnico Bianchi lasciò il posto a Vujadin Boskov, il quale era fautore di un gioco spettacolare che lasciava ampia libertà ai calciatori talentuosi; non a caso fece esordire in prima squadra anche un Totti appena sedicenne.[30] La società entrò nel caos nella primavera del 1993: Ciarrapico fu arrestato per bancarotta e tradotto in carcere insieme a Mauro Leone, figlio dell'ex Presidente della Repubblica e dirigente del gruppo aziendale.[31] Ciarrapico dimostrò fino all'ultimo il proprio attaccamento alla squadra, lasciando la clinica romana dove era stato ricoverato l'8 marzo del 1993 per un malore (poche ore prima del suo arresto), per visitare i giocatori al termine della partita Roma-Milan, semifinale di Coppa Italia. La lenta rinascita ad opera di Franco Sensi [modifica]La bufera scatenatasi contro la Roma fu ingigantita anche dalla contestuale positività alla cocaina riscontrata all'attaccante Claudio Paul Caniggia.[32] Ciò rese difficoltosa la successione della presidenza, che nel giro di un paio di mesi passò nelle mani degli imprenditori romani Franco Sensi e Pietro Mezzaroma.[33] A dispetto delle enormi difficoltà, la squadra raggiunse la finale di Coppa Italia, da disputarsi contro il Torino, ma nella gara di andata, giocata in trasferta, la squadra perse per 3-0, compromettendo di fatto la vittoria finale. Ciononostante la squadra reagì con grande orgoglio e all'Olimpico sfiorò l'impresa, vincendo splendidamente per 5-2 con tre gol del capitano Giuseppe Giannini, tutti messi a segno su calcio di rigore. Nel biennio successivo Franco Sensi, divenuto l'unico proprietario della Roma, cercò di dare una decisa virata alla politica societaria.[34][35] Chiamò in panchina il trasteverino Carlo Mazzone e rafforzò in modo deciso la squadra, acquistando dall'Udinese il capocannoniere del precedente campionato, Abel Balbo. Mazzone come prima mossa inserì stabilmente in prima squadra il maggiore talento del vivaio di quegli anni, Francesco Totti, il quale, nonostante la giovane età, avrebbe reso la squadra più forte e imprevedibile. Nonostante le migliori premesse, la Roma non ottenne in questi anni piazzamenti prestigiosi, né alcuna vittoria nelle competizioni disputate. La crescente insofferenza dei tifosi sulla mediocrità dei risultati raggiunti spinsero il presidente a prendere la sofferta decisione di cambiare allenatore, sostituendolo con Carlos Bianchi, già vittorioso della Coppa Intercontinentale col Vélez Sársfield. Ma la stagione successiva, condizionata anche da acquisti fallimentari, si rivelò disastrosa, e vide l'esonero di Bianchi con un conseguente dodicesimo posto in classifica. Dopo la brutta esperienza, Franco Sensi decise di rifondare la squadra affindandola al boemo Zdenek Zeman, fautore di un gioco molto offensivo, ma estremamente imprudente. Questo fu il limite principale della Roma di quel periodo, che alternò vittorie spettacolari e ricche di gol a sconfitte imprevedibili e per questo brucianti. Per tali motivi Franco Sensi decise di chiamare in panchina un allenatore titolato e vincente come Fabio Capello. Capello forgia dei vincenti [modifica]Il tecnico friulano arrivò a Roma nel 1999 con le idee chiare, l'esperienza necessaria e la capacità di trasmettere alla squadra voglia e convinzione nei propri mezzi. L'acquisto dell'anno fu quello di Vincenzo Montella dalla Sampdoria; mentre nel corso della stagione, l'arrivo del centrocampista giapponese Hidetoshi Nakata, rafforzò ulteriormente una rosa già molto competitiva. Alla fine del campionato la Roma si classificò solamente sesta, ma apparve chiaro a tutti che la squadra aveva acquisito una grande consapevolezza nei propri mezzi. Il nuovo millennio [modifica]
Il terzo scudetto [modifica]
Lo scudetto appena vinto dalla rivale cittadina, la Lazio, servì da stimolo per la società, che nell'estate del 2000, forte dell'ingresso in borsa del 23 maggio dello stesso anno,[36] mise a segno una serie di colpi di mercato, su tutti il grande bomber argentino Gabriel Omar Batistuta, acquistato per 70 miliardi di lire dalla Fiorentina.[37] Altri acquisti di rilievo furono il difensore, suo connazionale, Walter Samuel ed il centrocampista brasiliano Emerson; giocatori molto quotati e con una solida esperienza internazionale. Grazie al loro valore aggiunto la squadra capitolina, trascinata dal capitano Francesco Totti e dai gol decisivi di Vincenzo Montella, che nella seconda metà del campionato sostituì un acciaccato Batistuta, riuscì ad imporsi durante l'arco dell'intera stagione rimanendo sempre in testa alla classifica. Il campionato si dimostrò comunque molto combattuto grazie alla caparbietà della Juventus, che rimase in corsa fino all’ultima giornata, quando i giallorossi conquistarono matematicamente lo scudetto contro il Parma, il 17 giugno 2001. La partita finì 3-1, con le reti dei simboli della stagione: Totti, Batistuta e Montella. La Roma vinse così il terzo scudetto della sua storia, riconquistando subito il primato cittadino in termini di titoli nazionali vinti; migliaia di persone si riversarono per le strade della capitale, con festeggiamenti che si protrassero per giorni e che ebbero il culmine nel concerto di Antonello Venditti al Circo Massimo, a cui parteciparono oltre un milione di persone.[38] ![]()
Celebrazioni della vittoria del campionato 2000/01: un murale con lo scudetto tricolore e il capitano della Roma Francesco Totti su un'abitazione nel rione Monti
Le occasioni sfumate [modifica]Dopo l'acquisto del talentuoso Antonio Cassano, di fatto concluso già nel mese di marzo, la Roma confermò tendenzialmente la rosa dell'anno precedente.[39] All'inizio tale decisione parve corretta, in quanto la squadra capitolina vinse la prima Supercoppa italiana della propria storia: il 19 agosto 2001 i giallorossi prevalsero per 3-0 sulla Fiorentina, grazie alle reti di Candela, Montella e Totti.[40] Tuttavia l'avvio in campionato fu insoddisfacente, così come deludente fu l'esordio in Champions League: la Roma perse in casa per 2-1 contro il Real Madrid, in una serata resa particolarmente surrele a causa degli attentati avvenuti negli Stati Uniti nel pomeriggio.[41][42] Recuperati alcuni titolari, la Roma mutò improvvisamente marcia; a sbloccare la squadra contribuì anche Christian Panucci, il quale, acquistato a campionato in corso, segnò all'esordio in una spigolosa gara contro la Fiorentina, regalando nei minuti finali il primo successo stagionale ai giallorossi.[43] Nel proseguo della stagione la squadra diede risultati altalenanti, brillanti furono le affermazione nel derby del 10 marzo 2002, quando i giallorossi sconfissero la Lazio per 1-5 con quattro gol del solo Montella, e la vittoria per 3-0 nel secondo girone di Champions League contro il Barcellona.[44][45] Tali successi ebbero tuttavia deludenti controaltari: in coppa la Roma fallì clamorosamente la qualificazione ai quarti di finale, quando le sarebbero bastati 2 punti in 2 partite, tra cui quella casalinga con il Galatasaray ultimo in classifica.[46] Inoltre, il rocambolesco e deludente pareggio con il già retrocesso Venezia, impedì l'aggancio in vetta al campionato. Successivamente, l'imprevedibile finale di stagione, renderà tale pareggio la causa più evidente della mancata vincita dello scudetto.[47][48] La squadra, comunque, si classificò seconda alla spalle della Juventus, garantendosi la qualificazione diretta alla Champions League. Nei due successivi anni della gestione Capello, la squadra raggiunse un ottavo ed un secondo posto: nella stagione 2003/04 disputò un buon girone d'andata, ma venne raggiunta dal Milan nel finale del girone d'andata, a causa della sconfitta subita in casa nello scontro diretto.[49] La stagione fu comunque positiva: la squadra fu l'unica vera antagonista dei rossoneri ed il secondo posto non fu mai in discussione; oltretutto la Roma disputò gare eccellenti, tra le quali rimarcabili furono la vittoria per 4-0 contro la Juventus ed il 4-1 (con ben 3 reti annullate sullo 0-0) all'Inter.[50][51][52] Le prestazioni in Europa di quel biennio non furono degne di nota: in Champions League la squadra non superò il secondo raggruppamento, in Coppa UEFA gli ottavi di finale. Dalla crisi alla nuova rinascita [modifica]![]()
Doni, uno dei simboli della rinascita giallorossa
L'addio burrascoso di Fabio Capello, insieme alle cessioni di Emerson e Samuel, suggellarono la fine del ciclo della Roma scudettata.[53][54][55] La società assunse pertanto l'allenatore Cesare Prandelli, che aveva conseguito buoni risultati con il Parma, ma questi si dimise poco prima dell'inizio del campionato a causa di gravi motivi familiari.[56] Nel corso della stagione la Roma non riuscì a raggiungere una reale stabilità nella direzione tecnica, in quanto nè l'ex giocatore Völler (dimessosi dopo poche giornate), nè il successivo tecnico Del Neri (che rinunciò all'incarico dopo una serie di prestazioni deludenti) riuscirono a far migliorare i risultati della squadra, che nel finale di stagione venne affidata a Bruno Conti.[57] In tale contesto la Roma, che uscì malamente dalla Champions League, si salvò dalla retrocessione solo nelle ultime giornate di campionato.[58][59] La squadra riuscì tuttavia a qualificarsi per la Coppa UEFA per aver disputato la finale di Coppa Italia, pur persa con l'Inter, la quale era già qualificata per la massima competizione continentale. In questi anni, all'interno della direzione societaria, vi fu l'ascesa di Rosella Sensi, la quale sostituì de facto alla presidenza il padre Franco, gravemente malato, che si spegnerà nell'agosto del 2008.[60][61] Rosella Sensi attuò una politica estremamente austera, basata sull'autofinanziamento, che avrebbe garantito in futuro, grazie anche a mirate scelte di mercato, un adeguato livello tecnico della squadra.[62] Nella stagione 2005/06 la Roma si presentò notevolmente rinnovata: venne ingaggiato l'emergente allenatore Luciano Spalletti, che con l'Udinese aveva raggiunto, nella stagione precedente, una storica qualificazione in Champions League.[63] Inizialmente la Roma non estusiasmò il pubblico, poiché, pur giocando discretamente bene, conquistò obiettivamente pochi punti in campionato. La contentuale cessione di Antonio Cassano, avvenuta nel mercato invernale, favorì la coesione della squadra, che riuscì addirittura nell'impresa record di vincere ben 11 partite consecutive, ma sul finire di questa striscia positiva perse per infortunio il capitano Francesco Totti.[64] Alla fine del campionato la Roma giunse al quinto posto, ma a seguito degli illeciti sportivi noti come Calciopoli la classifica finale venne modificata. In tal modo la Roma venne inserita al secondo posto, che garantiva alla squadra un accesso diretto alla Champions League.[65] La nuova dimensione europea e i successi in Italia [modifica]![]()
Il capitano della Roma Francesco Totti alza la Coppa Italia 2008
Nelle successive due stagioni, la Roma acquisisce una stabile notorietà a livello europeo raggiungendo i quarti di finale di Champions League in entrambe le partecipazioni, risultato che mancava dal 1984. Inoltre la squadra giallorossa si aggiudica due Coppe Italia consecutive (2006/07 e 2007/08) ed una Supercoppa italiana nel 2007, mentre l'edizione successiva del 2008, dopo un incredibile pareggio al 90° di Vucinic (2-2), viene persa solamente ai calci di rigore (8-7): curiosamente, tutte le sfide nelle coppe nazionali sono state disputate con l'Inter. Sempre contro la squadra milanese, nella stagione 2007/08, i giallorossi hanno conteso fino all'ultima giornata la vittoria in campionato, quando per 45 minuti la Roma è stata virtualmente campione d'Italia. Simboli della A.S. Roma [modifica]Lo stemma [modifica]L'attuale logo della Roma è il restyling del primo stemma, quello che la squadra adottò dalla sua fondazione fino alla fine degli anni settanta. Infatti nel 1978, l'ultimo anno di Anzalone alla presidenza della squadra, durante un'amichevole internazionale la Roma si trovò a giocare in trasferta negli Stati Uniti, contro i New York Cosmos. I dirigenti giallorossi notarono che in America lo sport viaggiava su alti livelli, trainato dal merchandising, la vendita dei prodotti legati alla squadra. Prima di allora lo stemma non era un marchio registrato e le magliette non erano messe in vendita nei negozi specializzati; si decise, così, di creare un ufficio per la pubblicità, diretto dal famoso grafico Piero Gratton, che realizzò il nuovo logotipo per la società giallorossa, da cui partire per poter creare una serie di prodotti per la vendita legati ad esso.[66] La lupa capitolina non poteva essere registrata come marchio, così venne creato il celebre lupetto nero stilizzato con l'occhio rosso, che spesso compariva incorniciato da due cerchi concentrici giallo-rossi. Lo stemma, poco gradito dal presidente Viola, ha accompagnato le maglie giallorosse fino alla stagione 1997/98. Il 20 luglio 1997, grazie ad un accordo con il Comune di Roma, venne concesso un permesso speciale alla società capitolina per poter utilizzare il simbolo della lupa e riproporre, così, una nuova versione dello stemma, ispirato a quello originale che aveva caratterizzato la società dagli albori fino agli anni settanta.[21] L'inno [modifica]
Lo Stadio Olimpico durante le partite della Roma
L'inno ufficiale della A.S. Roma è "Roma (non si discute si ama)",[67] meglio noto con il nome di "Roma Roma Roma", di Antonello Venditti. Viene diffuso dagli altoparlanti dello stadio prima di ogni partita, mentre la squadra entra in campo; la prima volta fu in occasione della partita Roma-Fiorentina del 1974. "Grazie Roma" è un altro inno, composto dallo stesso cantante nel 1983, in occasione della vittoria del secondo scudetto giallorosso; a differenza della prima canzone, questa viene diffusa solamente dopo la fine delle partite giocate in casa, nel caso di vittoria della Roma. Il cantautore romano ha inoltre composto, in occasione della conquista del terzo scudetto della Roma nel campionato 2000/01, la canzone "Che c'è" dedicata proprio a tale evento. Molti altri cantanti, tifosi d'eccellenza della Roma, hanno dedicato una o più canzoni alla squadra. Tra questi ricordiamo Lando Fiorini, Brusco, Marco Conidi e Riccardo Angelini, meglio conosciuto come "Er Galopeira". Cronistoria [modifica]
Rosa 2008-2009 [modifica]
Staff tecnico [modifica]Dal sito internet ufficiale della società.[68]
Rose delle stagioni precedenti [modifica]
Giocatori della A.S. Roma [modifica]
![]()
Agostino Di Bartolomei, capitano indimenticato del secondo scudetto
Giocatori della Roma campioni del mondo [modifica]Palmarès [modifica]Competizioni ufficiali [modifica]Nazionali [modifica]
Internazionali [modifica]Competizioni minori [modifica]Regionali [modifica]Nazionali [modifica]
Internazionali [modifica]Competizioni giovanili [modifica]Altri piazzamenti e partecipazioni [modifica]Campionati nazionali [modifica]
In 80 stagioni sportive dalla fondazione della società, compresi 3 campionati di Divisione Nazionale (A) esulanti il girone unico. Piazze d'onore [modifica]Coppe nazionali [modifica]Coppe europee [modifica]
Tornei internazionali [modifica]
Nota: dati a partire dalla creazione del Campionato Nazionale nel 1926 e aggiornati a metà della stagione 2008/09. Record, statistiche e curiosità [modifica]
I record sul campo [modifica]Per le fonti dei dati vedi la bibliografia. Nota: dati aggiornati alla stagione 2007/08. Verranno aggiornati al termine della stagione 2008/09. Squadra [modifica]![]()
Sergio Santarini, 344 presenze in maglia giallorossa
Individuali [modifica]
Numeri ritirati [modifica]Nell'estate del 2002 la Roma, come tributo alla classe e all'attaccamento alla squadra del difensore centrale Aldair, ha deciso di ritirare la maglia indossata dallo stesso nel corso della sua lunga carriera nella compagine giallorossa (dal 1990 al 2003), quella con il numero 6.[75] Società [modifica] |
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
![]() |